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Probiotici: più utili all’intestino se assunti con l’amido resistente

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A seguito della precedente puntata sull’amido resistente (che consiglio di leggere prima di procedere con quello che segue, se non l’avete già fatto), procediamo con la seconda parte. C’è un grande fermento su questo tema nella paleosfera. Blogger, medici, ricercatori ed utenti di numerosi forum stanno sviscerando l’argomento con studi, esperienze personali e ricerche.

Amido resistente: a chi serve e a chi (forse) no

Se avete vissuto la vostra vita senza mai (o quasi) prendere antibiotici, consumate frequentemente verdure fermentate, ci sono molte probabilità che l’amido resistente non possa produrre tanti benefici come in altre persone. Se invece, avete effettuato molteplici cicli di antibiotici e non consumate spesso cibi fermentati, esistono ottime possibilità che l’amido resistente possa portare grandi benefici alla vostra salute. Le persone che ottengono i maggiori risultati sono quelle che hanno problematiche intestinali come colon irritabile, morbo di Chron, diabete, sindrome metabolica e soggetti con problemi di natura autoimmune. Inoltre, l’amido resistente offre vantaggi considerevoli a coloro che hanno difficoltà ormonali e neurologici come ansietà, depressione e disturbo ossessivo-compulsivo.

Quando l’amido resistente non è abbastanza

Per molte persone però, forse la maggioranza, integrare solamente con amido resistente / prebiotici in quantità significative risulterà in niente di più di un intestino migliore, ma per tutti gli altri con intestini molto danneggiati da una cattiva dieta, cattivi geni, c’è bisogno di ripopolare l’intestino con probiotici specifici (oltre ai prebiotici).

In un recente articolo, il Dr. Art Ayers ha scritto:

L’amido resistente è una panacea per le persone con una flora batterica in grado di digerire l’amido resistente, ma per quelli con una flora batterica danneggiata – come ad esempio persone con sintomi autoimmuni – l’amido resistente agisce solo come una fibra inerte, e non come “cibo” per la flora batterica.

Mentre la D.ssa BG di Animal Pharm  scrive circa l’efficacia o meno dell’amido resistente in soggetti con flora batterica danneggiata:

State dando da mangiare a delle gabbie vuote” – in riferimento al fatto che se gli organismi (batteri buoni) non sono presenti nell’intestino, non ci sarà quantità sufficiente di amido resistente o altro prebiotico che li produrrà.

La dieta modifica la comunità batterica nell’ecologia dell’intestino – gli zuccheri semplici diminuiscono i batteri buoni ed aumentano la presenza di patogeni. Un maggior apporto di fibra ed amido resistente insieme aumentano i batteri buoni. Questo è corroborato da studi condotti su maiali (chi di noi non lo è almeno un po’?), bambini e umani. Come molti di questi batteri, i Bifidobatteri serrano le giunture intestinali, fattore enteroprotettivo ed immunoprotettivo contro la gastroenterite, la permeabilità intestinale ed enterocolite necrotizzante in alcuni esperimenti. Mentre la carenza di magnesio compromette la presenza dei bifidobatteri e la permetabilità intestinale.

Butirrato e Chetoni

Quando si parla di butirrato da fibra fermentabile, soprattutto in ambito paleo, è convinzione comune a molti che ciò sia ottenibile dal burro – come asserito dal Dr. Michael Eades. In realtà però, il butirrato del burro viene digerito prima di raggiungere il colon, dove produce i maggiori benefici.

La fibra invece (che include l’amido resistente) che raggiunge il tratto inferiore dell’intestino viene scomposta in acidi grassi a catena corta, come l’acido butirrico che, quando ossidato si converte in chetoni, come d-beta-idrossibutirrato, e può essere utilizzato come energia. I chetoni possono giocare un ruolo fondamentale nel colon come anti-cancro, grazie alle proprietà protettive dell’acido butirrico.

Il risultato finale, non importa come accade, è la serratura delle giunture dell’intestino. Questo sembra accadere naturalmente nell’intestino che è continuamente irrorato dal butirrato. Ecco perché l’assunzione di amido resistente rappresenta un modo semplice per garantirsi una perpetua produzione di butirrato.

Una Paleo Dieta senza fibra solubile sacrifica la flora batterica buona dell’intestino

Le persone che non si trovano bene con la paleo dieta o che addirittura vedono peggiorare i loro sintomi, è perché (in molti casi) non nutrono abbastanza la flora batterica intestinale. Specialmente quando parliamo di diete low-carb. Infatti, non nutrendo la flora batterica, si sviluppano carenze vitaminiche, infiammazione dell’intestino e problemi di natura autoimmuni.

Cambiare semplicemente dieta non riparerà la flora intestinale

Molte persone perdono specie batteriche di flora intestinale passando di dieta in dieta, consumando cibi raffinati carenti di fibra solubile o utilizzando antibiotici. La perdita di questi batteri può essere permanente, ma non necessariamente. Le intolleranze e gran parte delle allergie ai cibi riflette meramente la mancanza (o scarsità) di certi ceppi batterici, ecco perché reintroducendoli, il problema viene risolto. Molti problemi immunologici come le malattie autoimmuni sono il risultato di un “disperato” bisogno di certi batteri intestinali che sono necessari per lo sviluppo del sistema immunitario che avviene nella mucosa intestinale in risposta alla flora batterica. Quando questo è il caso, nuovi ceppi devono essere reintrodotti, e la dieta da sola non è sufficiente a sistemare le cose.

Antibiotici, funghi e candida

Quando assumiamo antibiotici, questi tendono ad agire ad ampio spettro, e mentre “uccidono” molti batteri patogeni, vengono fatti fuori anche i batteri buoni. Per rendere meglio l’idea, prendere antibiotici è un po’ come sganciare una bomba atomica nell’intestino. Uccide tutti i batteri (o almeno ci prova) indiscriminatamente. Ad ogni modo, l’antibiotico non eliminerà i funghi e con la competizione batterica, i funghi temporaneamente eliminati possono crescere in modo incontrollato e causare condizioni come la Candida. Oltre a questo, molti batteri patogeni stanno diventando resistenti agli antibiotici per cui quando si assumono antibiotici, può accadere che lo sterminio valga più per i batteri buoni che per i patogeni. Ripetute somministrazioni di antibiotici possono dare adito a disbiosi, che è alla radice di molte malattie croniche.

Candida e diete low-carb

Se stiamo evitando di consumare glutine, latticini, zucchero e funghi senza consumare abbastanza amidi, non stiamo fermentando e questo equivale un po’ come ad essere in uno stato di chetosi con un intestino alcalino, che scatenerà la Candida e promuoverà infezioni fungine, per il fatto che i funghi sono eucarioti e tutti gli organismi eucariotici hanno un mitocondria che può eventualmente adattarsi ed assorbire i chetoni come fonte di energia. Mentre invece, gli acidi a catena corta uccidono i funghi.

Amido resistente e SIBO

La D.ssa BG di Animal Pharm utilizza l’amido resistente come parte integrante della terapia per trattare l’overgrowth batterico del piccolo intestino (SIBO) ed eliminare l’eccesso microbico. Approccio interessante ed apparentemente contraddittorio che ha funzionato per prima sulla D.ssa stessa. E poi sui suoi pazienti.

A riguardo, scrive:

I probiotici sono un contenitore misto di SIBO, poiché la SIBO spesso implica una sovraccrescita delle specie di probiotici che producono acido lattico (D-lattato), che causa un accumulo di acido lattico nell’intestino, e molti sintomi associati alla SIBO sono causati appunto per questo motivo. Per cui, in presenza di SIBO (se proprio volete assumere probiotici), meglio evitare le specie di probiotici che producono acido lattico come il Lactobacillus acidophilus, che è tra i più comunemente utilizzati.

Benefici riscontrati dall’integrazione di amido resistente

  • Pelle ed allergie: per quanto riguarda problemi di pelle ed allergie che sono scomparse (o comunque migliorate) dopo alcune settimane di somministrazione. Un fenomeno ben supportato.
  • Intestino: più di tutti, la prima cosa che solitamente accade è una diminuzione di gas (dopo un aumento iniziale) ed una migliore frequenza dei movimenti intestinali. E quando questo accade, state sicuri che stanno succedendo cose buone.
  • Temperatura corporea: molte persone riportano (compreso me) un aumento della temperatura corporea dopo un certo periodo di integrazione con amido resistente.
  • Miglioramenti del sonno: i miglioramenti del sonno con l’introduzione dell’amido resistente nella dieta possono variare di persona in persona. Ciò ha senso poiché i microbi dell’intestino producono la quasi totalità della serotonina, e livelli adeguati di questo ormone migliorano la qualità del sonno. La flora intestinale è profondamente legata ai circuiti del sonno, che quando ben nutrita, produce oltre alla serotonina, melatonina, triptofano e GABA, sia direttamente che indirettamente. Ci sono poi altri neurotrasmettitori in gioco che sono legati a depressione, ansietà, autismo, ADHD e molte condizioni autoimmuni. L’amido resistente sembra essere il cibo preferito dai bifido-batteri come il B. Infantis che ha un ruolo cruciale nella produzione di serotonina.

Modalità di assunzione dell’amido resistente

Sembrerebbe che assumere la dose di amido resistente in un’unica soluzione anziché suddivisa in più volte durante il giorno produca maggiori benefici. La ragione di questo potrebbe risiedere nel fatto che un’unica somministrazione (4 cucchiai max.) aumenti le possibilità dell’amido resistente di raggiungere (in grandi quantità) il colon.

Amido resistente, stanchezza cronica (CFS) e qualità del sonno

A proposito di come influiscano le modalità di assunzione dell’amido resistente, riporto il brano dal forum “Chronic Fatigue Syndrome” del blogger tedesco Jonathan Zerbin (in arte Gestalt) che ha riscontrato notevoli miglioramenti al suo problema (stanchezza cronica) variando la somministrazione di amido resistente come segue:

Quando ho iniziato a prendere l’amido resistente, ero solito assumerne due cucchiai. Uno a mezzogiorno e l’altro prima di andare a dormire. Così facendo, i sintomi della stanchezza peggiorarono in termini di energia, nonostante riscontrassi una migliore temperatura corporea, glicemia e digestione.

Così iniziai a prendere l’amido resistente in un’unica dose (4 cucchiai) prima di andare a letto. I sintomi peggiorarono ulteriormente ed avevo serie difficoltà al mattino oltre ad essere esausto per tutto il resto della giornata. Come sempre, nonostante tutti gli altri marker fossero migliorati.

Fu alquanto frustrante prendere qualcosa che mi facesse sentire contemporeanemente sia bene che male in modo differente.

Una notte mi svegliai alle 3-4 del mattino, ancora un po’ stanco ma stranamente energico. Questo mi fece riflettere sul fatto che avrei dovuto dormire di meno, forse stavo dormendo troppo (7-8 ore).

Inoltre so che la mia mobilità intestinale è piuttosto indebolita quando sono disteso. Quando invece seduto o in piedi, la gravità sembra migliorare di molto la funzionalità dell’intestino, forse quindi l’amido resistente veniva fermentato prima di raggiungere il colon se assunto appena prima di andare a dormire.

Ma poi ho pensato al tempo di transito del cibo nell’organismo:

Il transito del cibo attraverso il tratto gastrointestinale varia a seconda di molti fattori, ma in generale, richiede meno di un’ora dall’ingestione affinché il 50% del contenuto dello stomaco raggiunga l’intestino, e circa due ora per uno svuotamento completo (dello stomaco). Per cui, lo svuotamento per il 50% dell’intestino tenue richiede un tempo variabile da 1 a 2 ore. Il transito verso il colon varia da 12 a 50 ore, a seconda della persona – da Wikipedia.

Con un transito dalla bocca al colon di circa 3-5 ore, ho deciso di assumere 3-4 cucchiai di amido resistente 5 ore pirma di andare a dormire. Questo ha fatto una grande differenza in termini di energia e benessere durante la giornata. Stiamo parlando di un valore energetico che da 3-4 è passato a 8-9 con la nuova modalità di somministrazione.

Penso che ci sia una potente connessione ormonale con l’amido resistente ed i batteri che ha un più grande impatto di quello che avevo sempre pensato.

Quali ceppi vanno maggiormente d’accordo con l’amido resistente?

Un buon consiglio nel caso in cui l’integrazione di amido resistente non migliori la situazione nel giro di un paio di settimane è quello di aggiungere ceppi Lacto/Bifido di tutti i tipi, con L. Plantarum in particolare e tutto ciò che fa riferimento a SBO (soil-based organism). Tutti questi ceppi proliferano in un ambiente ricco di amido resistente. Nessuno di questi probiotici funziona davvero bene in assenza di amido resistente (o fibre vegetali).

Mentre esistono molti batteri che hanno benefici per un motivo o un altro, la lista di seguito presenta batteri con caratteristiche speciali quando assunti insieme all’amido resistente.

  • Bifidobacterium infantis: è implicato nel percorso di produzione della serotonina, ha effetti anti-depressivi e migliora la motivazione. E’ inoltre stato classificato come migliore in uno studio comparativo su altri 9 batteri (presenti nel prodotti VSL#3) per ridurre la permeabilità intestinale.  Questo batterio è assente nel 90% dei prodotti sul mercato. Per cui, se vi interessa, assicuratevi che ci sia.
  • Lactobacillus brevis and Bifidobacterium dentium: miglior produttore di GABA. B.Brevis è classificato al secondo posto nel ridurre la permeabilità intestinale su una comparazione di 9 specie.
  • Lactobacillus Plantarum: è un forte immuno-modulatore: può curare l’eczema. Terzo classificato nella capacità di ridurre la permeabilità intestinale, se comparato ad altre 9 specie. Primo classificato nel ridurre l’allergia alla soia (sempre che mangiare soia sia una buona idea).
  • Bifidobacterium bifidus: noto per essere valido nell’eliminazione dei batteri patogeni
  • Roseburia intestinalis e Eubacterium rectale: principali produttori di acidi grassi a catena corta
  • B. subtilis: produce vitamina K2 e digerisce glutine, caseina e lievito. Secondo classificato nel ridurre l’allergia alla soia

Probiotici, prebiotici ed amido resistente

Seguendo i suggerimenti dei principali promotori (Dr. BG, Tim Steele “Tatertot” e Richard Nikoley) del consumo di amido resistente, questi sono i probiotici e prebiotici da integrare (i primi 3) insieme all’amido resistente per ottenere i migliori risultati. Ovviamente ci saranno alternative altrettanto valide, ma al momento non saprei dirvi. Io sto sperimentando con alcuni prodotti dalla lista di seguito e non. Ovviamente, se decidete di seguire il protocollo, andateci piano. Sia con l’amido resistente (aumentando man mano la dose) sia con i prodotti di seguito. Inserendone uno alla volta per valutare eventuali reazioni avverse.

  • L. Plantarum by Jarrow Formulas. Per chi è interessato a provare gli effetti benefici di questo probiotico su eczema ed altri problemi della pelle.

Tutto questo può essere fatto con cibo vero, solo quando l’intestino è guarito e i patogeni eliminati. A quel punto una paleo dieta ricca di vegetali colorati contenenti un po’ di amido resistente, fibra e probiotici (kefir, crauti) dovrebbe essere abbastanza per mantenere l’intestino in ottima salute.

Il miglior amido resistente non modificato che ho trovato

Per quanto riguarda l’amido di patate non modificato (che non ho trovato in Italia), ho trovato questo prodotto (in alternativa a Bob’s Red Mill). Tra l’altro costa pure meno ed ha costi di spedizioni accettabili. Oppure qui.

Nonostante si chiami indistintamente potato starch e flour (amido e farina), l’azienda Infinity Foods conferma che si tratta di solo amido da patate crude. E’ una scelta di marketing per acchiappare di più. Potete leggere il comunicato stampa con il chiarimento dell’azienda a riguardo.

Allergie, solanina ed amido di patate
Le allergie alle solanacee non sembrano avere rilevanza con l’amido di patate – poiché dopo la raffinazione rimane nient’altro che granuli amidacei di amilopectina ed amilosio.

La solanina è il principale problema nel consumare patate crude. E’ molto tossica. Ma la solanina si trova quasi esclusivamente nelle vicinanze della buccia e risulta essere idrosolubile. Ecco perché bollendo patate sbucciate e affettate, si tende ad eliminare completamente la solanina dalle patate.

Fortunatamente, l’amido di patate viene prodotto con patate crude sbucciate, irrorate di acqua e setacciate. La solanina viene quindi eliminata dal passaggio dell’acqua, insieme a tutti i nutrienti della patate. Alla fine del processo, tutto quello che rimane è amido resistente puro.

Il mio esperimento con l’amido resistente

Orami  è quasi un mese che assumo amido resistente ogni giorno insieme a probiotici e prebiotici. I miglioramenti sono netti, soprattutto per ciò che concerne intolleranze alimentari e qualità del sonno. A breve scriverò un post in merito con particolari e dettagli. E soprattutto svelerò i “segreti” del mio frullato mattutino. Una vera bomba!!

Bibliografia

  1. http://drbganimalpharm.blogspot.it/2013_09_01_archive.html
  2. http://forums.phoenixrising.me/index.php?threads/butyrate-reduces-intestinal-permeability.5117/
  3. http://www.drbganimalpharm.blogspot.it/2013/11/how-to-cure-sibo-small-intestinal-bowel.html
  4. http://www.drbganimalpharm.blogspot.it/2013/09/feeding-microbiota-non-starch.html
  5. http://mrheisenbug.wordpress.com/2014/02/26/anthropology-science-is-l-plantarum-a-keystone-bacteria-for-human-health/
  6. http://www.gestaltreality.com/2014/02/27/resistant-starch-a-concise-guide/
  7. http://freetheanimal.com/2014/03/mostly-resistant-starch.html
  8. http://coolinginflammation.blogspot.it/2014/02/paleo-gut-flora-repair.html
  9. http://www.marksdailyapple.com/forum/thread73514-14.html
  10. http://freetheanimal.com/2014/02/resistant-bananas-testimonial.html
  11. http://freetheanimal.com/2014/02/probiotics-component-obesity.html

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Sclerosi multipla: la dieta che ha guarito la D.ssa Terry Wahls

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L’incredibile storia di Terry Wahls

Il mio interesse verso la storia della D.ssa Wahls (professoressa di medicina presso l’Università dell’Iowa) è nato dopo aver visto il suo intervento al Tedx Talks (su segnalazione di un utente).

Ogni volta che guardo il video, faccio sempre fatica a trattenere la commozione che mi suscita. Quello che oggi ci appare come normale e semplice, una dieta e qualche accorgimento per eliminare i sintomi della sclerosi multipla è il frutto di coraggio, determinazione e competenza di persone come Terry Wahls.

Prima della malattia (sclerosi multipla), la d.ssa Wahls era solita correre maratone, scalare montagne in Nepal, partecipare a gare di Triathlon, ottenere la cintura nera di Taekwondo e vincere una medaglia di bronzo in full contact ai giochi Pan Americani del 1978 a Washington.

Poi è arrivata la malattia, dopo decenni di sintomi ignorati e la diagnosi definitiva nel 2000. Nel 2007, a 52 anni, era costretta su una sedia a rotelle gravità zero, con iniezioni di Copaxone, sintomi che peggioravano ogni giorno ed una sclerosi recidivante-remittente che a 3 anni dalla diagnosi si è trasformata in sclerosi multipla secondaria progressiva.

Dopo i momenti di disperazione, ha ripreso gli studi interrotti ai tempi dell’università, leggendo ogni sera gli studi disponibili su PubMed relativi alla sua malattia. Fino ad incontrare le ricerche del Dr. Embry e del Prof. Loren Cordain da cui è iniziata la sua rinascita.

I Mitocondri

Quando i nostri mitocondri lavorano al massimo, le nostre cellule hanno tutta l’energia di cui hanno bisogno per svolgere le proprie funzioni in modo che l’organismo possa funzionare nel modo in cui dovrebbe, senza dover compensare carenze di energia e nutrienti.

Le cellule produrranno una minor quantità di radicali, minimizzando il danno cellulare.


Una dieta adeguata faciliterà questo processo.
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Una dieta squilibrata farà deragliare questo processo, generando stress mitocondriale, invecchiamento precoce e insorgenza di malattie croniche.

Tutti i processi chimici implicano degli sprechi, ed i radicali liberi sono alcuni dei rifiuti che il corpo produce per generare l’energia di cui abbiamo bisogno.

I radicali liberi causano problemi modificando la forma di una proteina, una membrana cellulare, o del DNA, cambiando così la loro funzione.

Se una cellula viene danneggiata eccessivamente dai radicali liberi, può smettere di lavorare correttamente, ed anche morire in modo prematuro.

Una morte cellulare troppo prematura può risultare in un invecchiamento rapido degli organi interni e quindi della persona.

Gli antiossidanti che si trovano naturalmente nelle piante agiscono stimolando la produzione di enzimi nelle nostre cellule che neutralizzeranno i radicali liberi prima che questi danneggino le nostre cellule.

Rendendo quindi il meccanismo biochimico molto più efficiente ed efficace nel proteggere le cellule dai radicali liberi.

Cos’è una malattia autoimmune?

In biologia, la parola “auto” fa riferimento a “sé stessi” e l”autoimmunità è una condizione in cui le cellule immunitarie impazziscono e cominciano ad attaccare le strutture cellulari del proprio corpo.

Quando l’organismo non vede o percepisce questi auto-recettori, interpreta e e definisce una struttura o sostanza come “straniera” e quindi come possibile minaccia.

Quali strutture il corpo scelga di attaccare è determinato da che tipo di condizione autoimmune ha la persona.

Quando il corpo attacca la mielina, la guaina intorno alla cellule nervose, risultando in un danno al sistema nervoso, diciamo che la persona ha la sclerosi multipla.

Se il sistema immunitario attacca la pelle, con conseguenti eruzioni cutanee di ogni tipo, siamo di fronte a casi di psoriasi, eczema o altre condizioni come le malattie del gruppo pemfigoide.

Se il corpo attacca i tessuti del polmone, la chiamiamo asma. Se attacca la tiroide, siamo di fronte a tiroidite autoimmune come Hashimoto o Basedow/Graves. Se attacca le articolazioni con conseguente dolore e rigidità, alla persona possono essere diagnosticate condizioni come l’artrite reumatoide o lupus sistemico.

Sebbene tutte queste malattie si presentino in modo diverso, la causa di oltre 140 differenti tipi di malattie autoimmuni è la perdita di tolleranza di “sé stessi” nell’organismo, e l’attacco da parte delle cellule immunitarie verso la propria persona, di cui i sintomi della malattia sono solo il risultato.

Zonulina e permeabilità intestinale (leaky gut)

Una delle condizioni più pericolose che una dieta moderna occidentale causa è l’aumentata permeabilità intestinale (leaky gut).

La sindrome della leaky gut è una condizione in cui buchi o perdite si sviluppano nella parete tra il piccolo intestino e e i vasi sanguigni.

Se si è in presenza di batteri patogeni, funghi o parassiti nell’intestino – in particolare i funghi affamati di carboidrati come la Candida Albicans – essi sono più inclini a produrre tossine che interferiscono con il sistema che regola il “collante” che tiene insieme la parete cellulare ed il piccolo intestino (collante intracellulare).

La zonulina è una proteina che regola il funzionamento di questo collante intracellulare.

Quando la zonulina viene attivata in modo improprio, il collante che mantiene le cellule serrate inizia ad aprirsi, permettendo al contenuto del piccolo intestino di fuoriuscire e filtrare nel circolo sanguigno.

Altre cose che possono causare o aumentare la probabilità di sviluppare leaky gut possono essere:

  • terapie antibiotiche ripetute
  • consumare una dieta ricca di zuccheri ed amidi
  • sviluppo di intolleranze a proteine specifiche come glutine nei cereali e caseina nei latticini
  • esposizione a sostanze chimiche artificiali e tossine come il tabacco.

Tutte queste cose possono ulteriormente compromettere l’integrità della parete intestinale.

Il collante che sigilla la parete intestinale è lo stesso composto che fodera i vasi sanguigni, per cui se inizia a rompersi, potete scommettere che la parete dei vasi sanguigni – compresi quelli che arrivano al cervello – con molta probabilità si romperanno anch’essi.


Potreste quindi avere un intestino che perde, vasi sanguigni che perdono ed un cervello che perde!
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E’ possibile avere anche una pelle che perde.

Con vasi sanguigni che perdono, le cellule immunitarie avranno più probabilità di scavare nelle pareti e depositare colesterolo e molecole infiammatorie nel vasi sanguigni, otturando ed assottigliando vene ed arterie.

Nel cervello, la barriera sangue-cervello (emato-encefalica) che fornisce uno strato protettivo extra per il cervello contro i batteri infettivi diverrà meno efficace.

Il cervello è più soggetto a permettere cellule immunitarie eccessivamente attive, aumentando la probabilità di infiammazione inappropriata e problemi peggiorativi relativi a disturbi dell’umore e neurologici come la sclerosi multipla.

Nella pelle, ci saranno molte più probabilità di sviluppare ogni tipo di fastidiose eruzioni cutanee e problemi della pelle che vanno e vengono.

Questo è il motivo per cui un intestino che perde (leaky gut) non ha solo a che vedere con problemi gastrointestinali, ma ha che fare con l’intero sistema e la salute generale della persona.

Questa non è una condizione auspicabile. Eppure è presente in molte persone, spesso a causa di diete a base di cibi raffinati e cereali.

The Wahls Diet

La dieta messa a punto dalla D.ssa Wahls prevede tre livelli, per iniziare da quello con cui vi sentite più a vostro agio fino a raggiungere il terzo livello.

  • Questo è il livello più semplice, “the Wahls diet“: per avviare il sistema ad un’alimentazione ricca di nutrienti, rimuovendo gran parte dei cibi che contribuiscono al declino dello stato di salute.
  • Il livello successivo è denominato, “Wahls Paleo“: questo è il livello con cui la gran parte delle persone decide di procedere, fornendo una buona organizzazione per eliminare successivamente i cibi che possono compromettere l’integrità dell’intestino.
  • L’ultimo livello, “Wahls Paleo Plus“: il livello maggiormente sfidante e quello che porta i migliori benefici per chi presenta condizioni di autoimmunità. E’ particolarmente indicato per chiunque abbia problemi di natura neurologica o psicologica (qualunque sia la causa primaria dello stato patologico), e persone con situazioni pregresse di tumore.

Queste diete sono disegnate per massimizzare l’apporto di vitmaine, minerali, antiossidanti e grassi essenziali di cui il cervello e i mitocondri hanno bisogno per proliferare.

The Wahls Paleo Plus Diet

Riporto di seguito solo le indicazioni della Wahls Paleo Plus. I due livelli precedenti hanno meno restrizioni ma seguono la stessa logica.

Eliminate tutti i cereali (compresi riso, quinoa ed altri pseudo-grani), legumi e patate.

Consumare 6 tazze (uomini) e 4 tazze (donne) di vegetali suddivisi tra foglia verde, colorati e verdure sulfuree. Una US cup (tazza) contiene 236 ml di acqua.

  • Verdure a foglia verde (suggerimenti della D.ssa Wahls, ma non esaustivi): rucola, cavolo cinese, bietola, tarassaco, cavolo (tutti i tipi), lattuga (tutti i tipi eccetto iceberg), senape indiana, prezzemolo, spinaci
  • Verdure Colorate:
  1. Verdi: asparagi, carciofi, avocado, cavolo, sedano, cetrioli con buccia, lime, olive, peperoni verdi, zucchini con buccia
  2. Rosse: cavolo rosso, ciliegie, mirtillo rosso, pompelmo rosso, melograno, peperoni rossi, radicchio, lamponi, rabarbaro, fragole, pomodori
  3. Blue, viola, nere: more (gelsi), mirtilli, melanzane, cavolo viola, olive nere, lampone nero
  4. Gialle, arancio: carote, pompelmo giallo, limone, peperoni arancioni e gialli, zucca, batate
  5. Sulfuree: asparagi, broccoli, cavoletti di Bruxelles, cavolo, cavolfiore, erba cipollina, daikon, aglio, porri, funghi, cipolle (rosse, gialle e bianche), ravanello, rapa, scalogno

Ridurre il consumo di frutta ad una porzione al giorno (1 tazza/cup), preferibilmente da bacche come mirtilli, lamponi ribes e more. Ed evitare frutti come banane, pere, mele, uva, pesche, ananas e mango. E’ esclusa la frutta disidratata, sciroppata e succhi di frutta del supermercato. Limitare le verdure amidacee a due porzioni alla settimana e sempre abbinate ad una generosa porzione di grassi come olio di cocco o di oliva.

– Consumare carni di animali allevati al pascolo, selvaggina o pesce selvaggio . Proteine animali tutti i giorni.

– Aggiungete alghe e frattaglie alla dieta

– Aggiungete cibi fermentati (crauti, kombucha, yougurt e kefir al latte di cocco o mandorle), semi e noci attivati e cibi crudi il più possibile. Alcune persone con overgrowth di candida non possono tollerare nessun tipo di lievito o fermentazione come aceto o vino o semplicemente funghi. In questi casi, astenersi dal consumo di questi cibi.

– Aggiungere grassi sotto forma di olio di cocco (almeno 5 cucchiai al giorno) o latte di cocco (3/4 di una lattina, 270 ml circa). Ma anche olio d’oliva o ghee (per chi lo tollera).

– Consumare due pasti al giorno in una finestra di 8 ore, digiunando per le restanti 16 (di cui circa metà dormendo). Mangiando proteine e grassi con pochi carboidrati si tenderà a ridurre di molto il vostro appetito. Durante le fasi di digiuno, l’organismo si concentra sull’eliminazione delle tossine, la produzione di ormoni e sulla guarigione. Se trovate difficile mangiare solamente due volte al giorno, fate 3 pasti, ma assicurandovi di far trascorrere sempre 16 ore tra la cena e la colazione. Questo aumenterà in modo significativo il vigore ed il numero dei mitocondri nelle cellule. E il vostro cervello ve ne sarà grato.

Alcool (tipo vino secco) riservatelo alle occasioni speciali. Tutto il resto (alcool), evitatelo.

– Se con questa dieta state perdendo troppo peso, aumentate un po’ il consumo di frutta e di qualche verdura amidacea.

Nota della D.ssa Wahls (ex-vegetariana per 15 anni) per i vegetariani

Non raccomando una dieta vegetariana, ma capisco che alcuni abbiano serie motivazione per seguirla e per cui ho totale rispetto. In questo caso però, al fine di ottenere il giusto apporto calorico, la dieta dovrà includere qualche legume e grano, purché siano tenuti a mollo e fatti germogliare per ridurre al minimo la presenza di anti-nutrienti.

Terry Wahls sulle Solanacee

Per alcune persone generalemente sensibili, le lectine, (che sono molecule proteiche che vanno ad occupare i recettori per l’insulina, impedendo a questa di legarsi agli zuccheri per svolgere la loro normale funzione:

l’utilizzo degli zuccheri per produrre energia), causano eccessiva infiammazione ed aumentano il rischio di autoimmunità. Altre persone invece, non avranno problemi con le solanacee, alcune delle quali sono ottime fonti di nutrienti.

Il motivo per cui non escludo le verdure solanacee dalla dieta sta nel fatto che se indicassi ai pazienti di eliminare tutti i cibi che sono potenzialmente problematici o dannosi, non ci rimarrebbe da mangiare quasi niente.

Alcune persone sono intolleranti al cavolo!

Per cui, elimino dalla dieta solo i cibi che ritengo possano essere deleteri (glutine e caseina) per chiunque abbia una malattia cronica e che possano provocare problemi di intolleranza.

Se avete reazioni di intolleranza oltre alle indicazioni generali della dieta, esistono vari modi per capirlo. Il principale è quello di tenere un diario segnando tutti i cibi che consumiamo con le reazioni.

Se reagite male alle solanacce, eliminatele dalla vostra dieta. Se non avete reazioni avverse, non c’è alcun motivo per eliminarle dalla vostra alimentazione.

Wahls Diet Pyramid

Eliminare le tossine

Gli organi che si occupano principalmente di smaltire le tossine sono:

  • fegato
  • reni
  • ghinadole sudoripare

La maggior parte delle tossine sono liposolubili, per cui devono essere convertite in sostanze idrosolubili per essere espulse nella bile (attraverso il fegato), l’urina (attraverso i reni) o il sudore.

Questo processo accade in due fasi.

Nella prima fase, le tossine vengono converitte per riattivare i metaboliti utilizzando processi chimici come l’ossidazione, riduzione, idrolisi e dealogenazione.

In altre parole, questi vengono rilasciati dal grasso e liberati nel corpo.

La tossina diventa più attiva ed anche più tossica perché non è più imprigionata nel grasso della cellula. Ma il corpo ha un piano.

Nella fase due, le cellule attaccano una parte della catena della nuova tossina attiva.

Questa potrebbe essere un’altra struttura chimica, come un gruppo sulfureo, un gruppo metilico o un amminoacido specifico.

Ciò rende la tossina idrosolubile in modo che possa essere eliminata dall’organismo.

Ogni parte di questo processo deve funzionare comunque, affinché il rilascio della tossina avvenga correttamente.

Se la tossina viene convertita nel metabolita reattivo (fase uno), senza però essere convertita in uno stato idrosoluble (fase due), può diventare ancora più dannosa.

Questo è il motivo per cui le persone certe volte hanno esperienze negative con la detossificazione.

Una volta che le tossine sono pronte per essere eliminate, dobbiamo aiutarle ad uscire in modo che non continuino a circolare nel corpo, liberate dal grasso (la forma più dannosa).

Esistono modi validi per fare questo.

Il modo migliore è quello di consumare le vostre 4-6 tazze di verdure oltre ad alghe e frattaglie per facilitare la seconda fase del processo ed eliminare efficacemente le tossine.

Questo fornirà al corpo tutte le sostanze di cui ha bisogno per raffinare le tossine fino ad uno stato in cui possono essere espulse.

Nello specifico, assicuratevi di fare il pieno di:

  • selenio e iodio (alghe)
  • zinco e coenzima Q (frattaglie)
  • tioli (verdure sulfuree e verdure a foglia verde)
  • flavonoidi (verdure colorate)
  • minerali (sale marino iodato e alghe)
  • amminoacidi completi (proteine animali)

Aggiungere spezie con un impatto favorevole sulla detossificazione può aiutare l’organismo a compiere questo sforzo. Le spezie aiuteranno a garantirsi un equilibrio adeguato degli enzimi detossificanti necessari per eliminare le tossine quotidiane. Le spezie ed erbe consigliate sono:

  • aloe
  • cardo
  • pepe di cayenna
  • radice di dente di leone (tarassaco)
  • aneto
  • zenzero
  • rafano
  • prezzemolo
  • menta
  • rosmarino
  • zafferano
  • curcuma

Quando teoria e pratica coincidono

In barba a questa malattia progressiva e cronica per cui non esisteva alcuna cura, iniziai un esperimento su me stessa.

Quello che non mi aspettavo erano i risultati sbalorditivi che ottenni dal mio esperimento: non solo fermai la mia malattia, ma ottenni anche un incredibile ripristino della mia salute e delle mie funzioni.

Quello che ho imparato, ha cambiato per sempre il modo in cui vedo i mondi duellanti della salute e della malattia. Oltre cento anni fa, Thomas Edison diceva:

“Il medico del futuro non prescriverà medicine, ma interesserà i suoi pazienti alla cura della struttura umana, ad una dieta appropriata e alla causa ed alla prevenzione della malattia”

Questo è diventato il mio nuovo corso, la mia passione e la mia missione. Ho approcciato la salute e la malattia in un modo totalmente nuovo.

Sono diventata una persona nuova, sia fisicamente che emozionalmente, sia personalmente che professionalmente.

Mi sono anche impegnata con passione ad aiutare gli altri a diventare persone nuove.

Terry Wahls guarita dalla sclerosi multipla

Ovviamente nel libro troverete una miriade di utili informazioni oltre la dieta (che comunque non ho riportato completamente) come le integrazioni, sonno, esercizio fisico, gestione dello stress e molto altro ancora. Armatevi di pazienza, e soprattutto, se ancora non lo sapete, approfittatene per imparare l’inglese, visto che il libro non è momentaneamente disponibile in lingua italiana.

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L'articolo Sclerosi multipla: la dieta che ha guarito la D.ssa Terry Wahls sembra essere il primo su Codice Paleo.

Permeabilità intestinale (leaky gut): sintomi, test e rimedi

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Dopo quasi 20 anni di insonnia, reflusso gastrico, stanchezza cronica, colon irritabile, dermatite e molto altro, tutti i problemi stanno arrivando ad una fine.

Negli ulitmi due anni, ho lasciato tutto e mi sono messo a cercare per capire quale fosse il problema e soprattutto come risolverlo. In questo periodo di tempo, ho effettuato oltre 100 test diagnostici, ho letto più di 70 libri su scienza e nutrizione e consultato qualche migliaio di articoli online tra blog, studi e ricerche.

Uno potrebbe chiedersi, ma perché non sei andato dal medico?

In realtà, ci sono andato. In due anni di tempo, ho effettuato almeno 50 visite mediche con specialisti di ogni genere. Alla fine, la diagnosi era sempre la stessa: “lei è stressato, cerchi di stare tranquillo”. I più insolenti mi hanno anche prescritto tranquillanti, sonniferi ed antidepressivi. Tutta merda che io non ho mai preso.

Tutto quello che ho scoperto, è stato comunque meraviglioso. E non riesco ancora a capacitarmi di come nessuno tra i medici che ho incontrato, mi abbia mai parlato di leaky gut, sensibilità al glutine, stanchezza surrenale (adrenal fatigue) ed altro ancora. Senza parlare di esami diagnostici necessari in questi casi e che ho scoperto leggendo e navigando come il cortisolo salivare o il test dei due zuccheri per la permeabilità intestinale. I test di Cyrex Labs non li nomino neppure per decenza. La risposta dei medici invece era sempre e solo stress, stress ed ancora stress. Tant’è che alla fine, ero davvero stressato! 😉

C’è ancora un pochino da fare, ma ci siamo quasi e la strada è certamente quella giusta.

Cos’è la Leaky gut o aumentata permeabilità intestinale?

Il tratto gastrointestinale è composto da cellule che sono strettamente disposte e connesse da giunture ben serrate. Il tratto digestivo si infiamma come risultato di una cattiva digestione, stress elevato e molti altri fattori. Questa infiammazione compromette le giunture, permettendo a particelle di cibo indigerito, tossine e batteri di entrare nel circolo sanguigno. Una volta che queste particelle di cibo vengono assorbite, il sistema immunitario reagisce ed inizia ad attacarle poiché le considera come sconosciute e quindi una minaccia. Questo crea un circolo vizioso che genera altra infiammazione e che a sua volta promuove ulteriore permeabilità intestinale.

Questa condizione richiede solitamente anni per svilupparsi. Come il tratto gastrointestinale si danneggia, le cellule perdono la capacità di digerire il cibo a causa di una carenza enzimatica. E questo nel tempo può portare a malnutrizione, infiammazione, sovracrescita di funghi e batteri, intolleranze alimentari ed un sistema immunitario iperattivo.

leaky-gut

Come misurare la permeabilità intestinale?

Il metodo attuale e più diffuso (eppure mai abbastanza) per diagnosticare la permeabilità intestinale è il test del lattulosio e mannitolo. Il test è semplice da eseguire (bere soluzione zuccherina e poi raccolta urine) e ci consente (o almeno dovrebbe) di valutare la permeabilità della parete intestinale, e la sua capacità funzionale di assorbimento.

L’assorbimento del lattulosio indica una lacerazione nella barriera intestinale con conseguente permeabilità intestinale. Contro ogni credenza popolare però, l’assorbimento di questa piccola molecola indica una minuscola perdita anziché una vera e propria lacerazione. Infatti il lattulosio ha una dimensione molecolare relativamente piccola ed il trasferimento di questa sostanza attraverso le membrane intestinali non riflette la situazione di un trasferimento di una proteina del cibo e della relativa risposta immunitaria.

Inoltre, il test del lattulosio e mannitolo misura il trasferimento di piccole molecole solo attraverso lo spazio paracellulare ma non quello transcellulare. Per cui, l’identificazione della permeabilità intestinale dovrebbe essere diagnosticata utilizzando grandi molecole comparabili alla dimensione delle proteine del cibo, che sono antigeniche e mettono a dura prova il sistema immunitario.

test-due-zuccheri

Da qualche anno esiste però un nuovo test, certamente più dispendioso, ma molto più affidabile e dettagliato del test appena citato per la diagnosi della permeabilità intestinale. Questo test è brevettato da Cyrex Labs con il nome di Intestinal Antigenic Permeability Screen – Array2.

Come funziona questo test?

L’Array 2 misura gli anticorpi contro le endotossine batteriche (lipopolisaccaridi), le proteine delle giunture (occludina e zonulina) e il citoscheletro della cellula (actomiosina) ed identifica sia i percorsi transcellulari che paracellulari della penetrazione della barriera intestinale da parte di grandi molecole con capacità di mettere alla prova il sistema immunitario.

In sostanza, la misurazione di questi anticorpi può essere utilizzata come un indicatore precoce di problemi gastrointestinali e malattie autoimmuni. Di seguito i risultati del mio test effettuato il mese scorso.

Cyrex-array2-test-results

Occludina

L’occludina è parte del principale componente delle proteine che mantengono insieme le giunture dell’intestino. Gli anticorpi dell’occludina indicano che le giunture si stanno sfaldando.

Zonulina

La zonulina è una proteina che regola la permeabilità dell’intestino. Gli anticorpi contro la zonulina indicano che la normale regolazione delle giunture è compromessa.

Secondo le ricerche del Dr. Fasano, sappiamo che i due principali fattori scatenanti della zonulina sono il glutine ed i batteri nel piccolo intestino. Quindi una SIBO non curata, un overgrowth di candida o la presenza di parassiti possono rappresentare una minaccia per l’intestino con possibile sviluppo di permeabilità intestinale.

In un articolo della rivista medica Diabetes, gli autori scrivono:

abbiamo recentemente scoperto una nuova proteina, la zonulina, che modula la permeabilità intestinale smantellando le strette giunture intercellulari (sapone et al 2006) – questa proteina, quando alterata, sembra avere un ruolo chiave nella patogenesi delle malattie autoimmuni.

Actomiosina

La rete dell’actomiosina è un complesso di proteine che regola la funzione della barriera intestinale mantenendo la plasticità delle giunture. Gli anticorpi della rete dell’actomiosina sono un indicatore della disregolazione della barriera intestinale attraverso l’infiltrazione cellulare.

Lipopolisaccaridi

Il lipopolisaccaride è una molecula composta da un lipide ed un polisaccaride. E’ un componente della membrana di superficie dei batteri gram-negativi che si trovano nel tratto gastrointestinale. I batteri gram-negativi includono: E. Coli, Salmonella, Sighella, Pseudomonus, Helicobacter, Legionella, Wolbachia. Come un’endotossina, i lipopolisaccaridi aumentano la carica negativa della membrana batterica e promuovono la sovraregolazione delle citochine pro-infiammatorie.

Gli anticorpi dei lipolisaccaridi appaiono per:

  • sindrome della stanchezza cronica
  • infezione batterica gram-negativa
  • permeabilità intestinale aumentata
  • depressione
  • sindrome di Miller-Fisher
  • sindrome dell’intestino corto

Significato clinico

I lipopolisaccaridi sono endotossine batteriche che stimolano una forte risposta immunitaria. La rilevazione di anticorpi contro i lipopolisaccaridi indica un’infiltrazione di endotossine macromolecolari nella barriera intestinale e nella circolazione sistemica. Questo provoca un’aumentata permeabilità intestinale che a sua volta causa infiammazione sistemica.

I risultati del mio esame indicano quanto segue:

– scomposizione di occludina / zonulina. Le IgM indicano che si tratta di un problema abbastanza recente.

– la presenza di lipopolisaccaridi implica che c’è disbiosi intestinale e che potenzialmente si stanno producendo endotossine che si stanno infiltrando attraverso la barriera intestinale.

Questo significa che c’è una decomposizione dell’integrità della barriera intestinale da parte degli antigeni batterici attraverso lo spazio paracellulare.

Reazioni autoimmuni multiple e diagnosi precoce

L’incidenza della malattie autoimmuni è sempre in crescita.

malattie-autoimmuni

La parte più complicata però per chi ha problemi autoimmuni è: come poterli testare prima che sia troppo tardi?

Esistono oltre 80 malattie autoimmuni classificate che, nella loro fase iniziale, manifestano sintomi molto simili. Purtroppo, per la diagnosi, la medicina convenzionale attende che la malattia autoimmune abbia distrutto articolazioni, tiroide, cervello, ghiandole surrenali, fegato fino all’esaurimento.

Per esempio, il test standard non diagnostica la malattia di Addison (una malattia autoimmune a carico delle ghiandole surrenali) fino a quando il 90% o più delle ghiandole surrenali non è stato distrutto. Fino a quel momento, la persona può avere per mesi, anni o una vita intera, un’esistenza miserabile, cronicamente stanca ma senza alcuna diagnosi, perché non abbastanza tessuto è stato distrutto.

Per cui, alla fine, la diagnosi provvisoria sarà sempre: “lei è stressato. E forse anche depresso. Si faccia vedere da uno psicologo”.

Oggi però esiste un modo per scoprire il problema con un certo anticipo. Ovvero attraverso l’Array 5 di Cyrex Labs con il nome di “Multiple Autoimmune Reactivity Screen – Array 5“.

L’Array 5 esamina gli anticorpi in 24 tessuti del corpo. Questi anticorpi indicano una reazione autoimmune contro uno specifico tessuto. Ovvero se il sistema immunitario sta erroneamente attacando e distruggendo un dato tessuto.

Le ultime ricerche mostrano che possiamo utilizzare gli anticorpi come indicatori precoci per le sviluppo di malattie autoimmuni. Come questi anticorpi progrediranno velocemente verso una malattia autoimmune dipende da molti fattori come la selezione delle cellule immunitarie positive e negative, i geni regolatori autoimmuni, la permeabilità intestinale ed altro ancora.

Un risultato positivo dell’esame quindi può significare che il soggetto è propenso a sviluppare una particolare malattia autoimmune.

E ciò permette alla persona di bilanciare il proprio sistema immunitario attraverso la dieta, stile di vita, integrazioni e quant’altro di utile a prevenire lo sviluppo della malattia.

Di seguito i risultati del mio test.

Cyrex-array5-test-results

Appena ho visto i risultati, sono rimasto un po’ scioccato, visto che oltre ai risultati “out of range”, Cyrex suggerisce di considerare i risultati “equivocal” come se fossero “out of range”. Poi però, ho pensato a quanto fosse importante scoprire tutto questo oggi, e non tra qualche anno, magari con lo sviluppo di problemi più seri.

Gli anticorpi dei test “out of range” indicano che questi tessuti sono sotto attacco e che non agendo, vi è una buona possibilità che da qui a 10 anni si presentino le seguenti malattie autoimmuni:

  • Phospholipid: lupus eritematoso, sindrome antifosfolipidica, diabete mellito non-insulino dipendente
  • Cerebellar: autismo, morbo celiaco, atassia da glutine, sindrome della degenerazione cerebrale paraneoplastica, sindrome opsoclono-mioclono

Per tutti gli altri, vi rimando alla brochure esplicativa, cliccando sui seguenti link:

Se effettuate questo test e risultate positivi alla maggior parte dei tessuti, non andate nel panico. Non significa che il sistema immunitario sta attaccando l’intero organismo. Significa invece che la presenza di Candida o del virus Epstein-Barr ha falsato i risultati.

Fegato e permeabilità intestinale

Il fegato è un organo multi-funzionale che ha già abbastanza da fare, senza alcuna necessità di dover smaltire anche le tossine permeate dall’intestino.

Se poi, oltre alle tossine ambientali, le contaminazioni del cibo e la presenza di agenti chimici nei prodotti che utilizziamo ogni giorno, consideriamo il fatto che le intolleranze alimentari rappresentano una fonte primaria di tossine addizionali che sovraccaricano il fegato, ecco che, questo povero organo inizia ad annaspare.

L’intestino ha un ruolo fondamentale nella detossificazione dell’organismo, essendo responsabile per circa il 50% di questa attività. Le tossine ambientali ed intestinali hanno la potenzialità di compromettere il nostro stato di salute. Quando tutto funziona alla perfezione, il fegato filtra e trasforma le sostanze tossiche in innocue che possono poi essere eliminate attraverso le feci e l’urina.

Quando però la detossificazione del fegato non funziona come dovrebbe, i problemi possono aumentare. Così come le intolleranze alimentari sono collegate alla leaky gut, una detossificazione inefficiente del fegato è associata alla sindrome della fatica cronica, ad un’aumentata sensibilità alle sostanze chimiche, a fibromialgia, artrite, eruzioni cutanee, emicrania ed altro ancora.

Per mesi, tutte le notti tra le 2 e le 3 del mattino, ho avuto sfoghi su tronco e braccia come questi. Infiammazione, prurito da impazzire, risvegli ed insonnia (cortisolo!) fino al mattino. Una vera tortura. Adesso il problema è risolto.

Eruzione liscia (a dx) e con grattata (a sx) da vero zappatore.

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Ghiandole surrenali e cortisolo

Grandi come una noce e più leggere di un chicco d’uva le ghiandole surrenali comandano potenti ormoni che estendono la loro influenza sul nostro corpo e sulla nostra vita. Tra questi ormoni, c’è anche il cortisolo, che prodotto dalle ghiandole surrenali ha un’azione anti-infiammatoria, anti-insulinica ed anti-immunitaria, oltre a regolare, insieme alla melatonina il ritmo sonno-veglia. Livelli adeguati di questo ormone sono quindi di fondamentale importanza per il nostro benessere, sia di giorno che di notte.

Qui di seguito i risultati del mio ultimo test del cortisolo salivare.

risulati-cortisolo-salivare

1) Nel primo prelievo (ore 8.00), i valori dovrebbero essere al top del range per svegliarsi belli freschi. Quindi in prossimità del valore di 14.000 pg/ml. Nel mio caso siamo addirittura sotto il minimo (1.771 pg/ml). Non è un mistero che svegliarsi la mattina sia per me ancora piuttosto faticoso.

2) Nel prelievo di metà mattina (il 3° alle 12.00), i valori dovrebbero trovarsi nel quarto superiore ma non così alti come al mattino. Nel mio caso siamo sempre proprio al minimo del range (1.566 pg/ml), quando invece dovremmo trovarci con un valore di poco sopra i 4.500 pg/ml.

3) Nel prelievo delle 16.00 (4° prelievo) i valori dovrebbero trovarsi a metà del range. Ovvero circa 2.650 pg/ml. Nel mio caso siamo un po’ sopra (3.452 pg/ml). Ma soprattutto, quello che non va bene è il trend generale. Visto che dal risveglio in poi il cortisolo dovrebbe sempre diminuire fino all’ora in cui andiamo a dormire. E mai aumentare. Chiaramente per fare ciò, è opportuno che il livello del mattino sia al massimo.

4) Nel prelievo delle 23.00 i valori dovrebbero trovarsi al minimo del range per potersi addormentare facilmente. Nel mio caso siamo a 1.300 pg/ml quando invece dovremmo trovarci vicino a 300.

Di seguito il ritmo circadiano del mio cortisolo.

ritmo-circadiano-cortisolo

Per comparazione, questo di seguito è invece il risultato di un test che presenta un ritmo circadiano normale dei livelli di cortisolo durante la giornata. Purtroppo non è (ancora) il mio.

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cortisolo-salivare-ottimale

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Auto-diagnosi di stanchezza surrenale in caso di cortisolo alto e basso

Ricevo, quasi quotidianamente, messaggi di persone che essendo sempre stanche, spossate, con sonno disturbato, sostengono di avere livelli di cortisolo alterati. Ma non solo. Credono di avere il cortisolo troppo alto o troppo basso. Tutto questo però, senza mai aver fatto il test del cortisolo salivare. E spesso, neppure del cortisolo ematico.

Quindi, provano ad indovinare, e sulla base di queste supposizioni ordinano integratori surrenali a base di erbe adattogene, corteccia surrenale e fosfatidilserina. Il punto però è che il ritmo circadiano del cortisolo varia durante le 24 ore. E quindi assumere di avere il cortisolo alto o basso (sempre che abbiate indovinato) ha poco senso, poiché non saprete mai a quale ora del giorno e della notte il vostro cortisolo è troppo alto o troppo basso. E di conseguenza, non saprete mai con esattezza quali integratori prendere e soprattutto in quale momento della giornata.

Vi faccio un esempio sul mio caso, dati i risultati del mio test del cortisolo pubblicati qui sopra.

Avendo un cortisolo molto basso al mattino, è evidente che c’è necessità di un supporto ghiandolare. Se però prendessi questo supporto dal primo pomeriggio in poi, esacerberei il problema, che si manifesta nel primo pomeriggio con un cortisolo già troppo elevato rispetto ad un livello ideale. Per cui, se la mattina prendo un po’ di corteccia surrenale bovina, nel pomeriggio fino a sera, ovvero alle 15, alle 18 ed alle 21, assumo sia Holy Basil che fosfatidilserina, in modo da agire con costanza nel ridurre i livelli di cortisolo fino a sera. Se, come fanno molti, prendete la fosfatidilserina prima di andare a dormire, in presenza di un ritmo circadiano simile al mio, rischiate di avere poco successo. Nel senso che, all’ora di andare a letto, avrete già esaurito la produzione naturale di cortisolo e ci sarà poco da fare (e da abbassare). Rimarrete svegli, e stranamente energici, a causa dell’adrenalina (di cui certamente non abbiamo bisogno quando andiamo a dormire).

Test del cortisolo ematico? Tempo sprecato.

In questi anni ho fatto il test del cortisolo ematico (sangue) decine e decine di volte. Il risultato era sempre, sempre, sempre nel range. Quindi, secondo il test ematico, il mio cortisolo era perfetto sia alla mattina che alla sera. Nonostante non riuscissi ad alzarmi la mattina e ad addormentarmi la sera. Questo perché l’esame del sangue calcola sia il cortisolo libero che quello legato alle proteine (indisponibile). Per cui, si possono avere valori nel range, quando in realtà il valore reale del cortisolo disponibile è molto inferiore a quanto risulta dal test.

Purtroppo il cortisolo nel sangue, quello che prescrivono tutti i medici, è poco utile, a meno che non abbiate già sviluppato la malattia Addison (no cortisolo) o Cushing (troppo cortisolo). Ma tra i due estremi, ci sono tante fasi in cui si può stare molto male, avere una vita orribile, da cui è possibile comunque riprendersi totalmente, solo conoscendo le informazioni che il test del cortisolo salivare potrà darvi.

Se intendete effettuare questo test, assicuratevi di interrompere qualsiasi terapia a base di corteccia surrenale, idrocortisone ma anche integratori con erbe adattogene di ogni tipo (Ashwagandha e simili) almeno per 15 giorni prima di effettuare il test (ovviamente dopo aver avto l’ok dal vostro medico). Altrimenti i risultati saranno falsati.

Di seguito il test salivare migliore che ho trovato in Europa, tra tutti quelli che ho trovato.una breve lista di laboratori Europei (UK) dove sarà possibile ordinare il kit online e riceverlo a casa per effettuare il test del cortisolo salivare. Una volta raccolti i campioni, dovrete rispedire il kit al laboratorio (come da istruzioni) e riceverete i risultati a mezzo e-mail.

Genova Diagnostics (UK)

Conclusioni

Quindi, supponiamo che dopo anni di dieta e stile di vita sfasate sviluppiate permeabilità intestinale. Un po’ non lo sapete (non avete fatto il test), un po’ non siete così motivati a cambiare alimentazione. Nel tempo, cominciate ad avere intolleranze alimentari di vario genere. Le reazioni sono molteplici ma mai troppo invasive. Anche se persiste una infiammazione sistemica costante. Se poi le condizioni sono particolarmente sfavorevoli (suscettibilità genetica, infezioni oltre a dieta e stile di vita), le reazioni autoimmuni iniziano a farsi largo.

Le vostre ghiandole surrenali sono costrette quindi a secernere cortisolo (effetto anti-infiammatorio) ad ogni ora del giorno per tamponare l’infiammazione. Nel frattempo, la permeabilità dell’intestino aumenta, ed il vostro fegato si vede sovraccaricato di tossine da smaltire, permeate dal vostro intestino. La digestione è scarsa (il rilascio continuo di cortisolo ha la precedenza su altre funzioni vitali come la digestione e l’immunità).

L’infiammazione aumenta e le ghiandole surrenali sono sempre al lavoro per combattere l’infiammazione. Intanto il fegato è sempre più affaticato e non riesce a fare tutto quello che dovrebbe. E allora anche le pelle inizia a diventare permeabile, tentando di espellere le tossine in eccesso attraverso prurito, dermatite, eczema. Ciò significa ancora più infiammazione che le surrenali, nella fase di resistenza, devono continuare a tamponare. Dopo mesi, se non anni in cui questa situazione persiste, le surrenali fanno sempre più fatica, e dalla fase di resistenza si passa alla fase di esaurimento. I sintomi peggiorano ed iniziate a sentirvi sempre stanchi, il sonno è poco, avete sempre freddo, la glicemia è sempre più instabile con crisi ipoglicemiche e voglia di consumare zuccheri, soprattutto la sera.

Quando le ghiandole surrenali sono affaticate, la produzione di cortisolo diminuisce con conseguente abbassamento dei livelli di cortisolo ematico. Con livelli ematici più bassi, il fegato ha qualche difficoltà a convertire il glicogeno in glucosio.

Oltre a questo, l’eccesso di tossine a causa della permeabilità intestinale rende il lavoro del fegato ancora più complicato. Intanto i grassi, le proteine e i carboidrati, non possono essere immediatamente convertiti in glucosio. E queste riserve, controllate dal cortisolo, sono fondamentali per raggiungere e mantenere livelli normali di zuccheri nel sangue, specialmente durante i periodi di stress. In questa condizione, una maggiore richiesta di glucosio risulta difficile da assecondare. Ed il risultato è l’ipoglicemia.

Questo è anche uno dei possibili motivi per cui una persona con livelli di cortisolo alterati ha difficoltà con diete molto low-carb e chetogeniche. Soprattutto perché il cortisolo è cruciale nella gluconeogenesi epatica.

Nel frattempo, la tiroide, inizia a perdere colpi. E quando diventiamo ipotiroidei per lunghi periodi di tempo, le ghiandole surrenali possono ulteriormente affaticarsi nel tentativo di produrre abbastanza cortisolo per compensare la funzione ridotta della tiroide.

Il cortisolo è necessario per la tiroide affinché gli ormoni possano raggiungere le cellule. E in caso di alterazione del cortisolo (sia alto, ma soprattutto basso) l’ormone attivo T3 non riesce a raggiungere le cellule ma rimane nel sangue, con esami da ipertiroideo ma con sintomi sia dell’ipo che dell’ipertiroidismo. Questo meccanismo si chiama pooling e può dipendere da vari fattori: livelli inadeguati di ferro, livelli alterati di cortisolo, sia alti che bassi.

La produzione di cortisolo intanto diminuisce sempre più, e qualunque dieta low-carb non riesce a sistemare i vostri problemi. Neppure glicemici. Anzi..

Soprattutto la notte, quando la gluconeogenesi si attiva sempre con maggiore difficoltà a causa di un fegato pigro e di livelli di cortisolo sempre più bassi. Si innesta un circolo vizioso a cui è possibile porre fine, ma senza sbagliare neppure una mossa.

Vi scrivo tutto questo, che ho sperimentato sulla mia pelle, per dirvi che in situazioni di questo tipo se non affrontiamo la situazione a 360°, sarà piuttosto difficile riuscire a superare il problema. Per cui, seguire la dieta alla lettera, senza ad esempio verificare (prima!) e sitemare poi il ritmo circadiano del cortisolo o senza rimuovere quei cibi che provacano intolleranze (anche se sono parte della paleodieta), non vi farà ottenere quasi niente, tranne che molta frustrazione. E’ questo il caso in cui facendo il 90% delle cose bene, il che già implica molte restrizioni e tanta disciplina, potreste comunque fallire nell’impresa, a discapito di quel 10%, nonostante tutta la buona volontà.

Chiudo riportandovi la lista degli integratori che assumo attualmente per i problemi sopraelencati. Come sempre, si tratta di una prescrizione valida esclusivamente per il sottoscritto e non per chi legge.

Integratori

  • N-Acetilcisteina
  • Vitamina C (acido ascorbico). Da prendere prima di andare a dormire. Recenti studi dimostrano che abbassi i livelli di cortisolo in piccole dosi (1 grammo).
  • Humic-Monolaurin Complex. Si tratta di un acido grasso derivato dall’olio di cocco (nel mio caso per ridurre l’impatto dell’Epstein-Barr, il virus della mononucleosi che ho avuto 20 anni fa e da cui, con molta probabilità sono cominciati tutti i problemi di salute).
  • IAG (arabinogalattano per il sistema immunitario)
  • Pork Pancreatic Enzymes (2 ad ogni pasto e 4 lontano dai pasti per riequilibrare la flora batterica. Se assunti lontano dai pasti contribuiscono all’eliminazione dei batteri patogeni).
  • Radice di Tarassaco / Dente di Leone (Dandelion root) e Cardo Mariano (Milk Thistle) per supportare il fegato nella fase di detox
  • Seriphos (Fosfatidilserina) e Holy Basil (Tulsi / Basilico Santo) per abbassare il cortisolo al pomeriggio e alla sera. La fosfatidilserina è sintetizzata dalla soia nel 99% dei prodotti in commercio. E se siete allergici o intolleranti anche a piccole dosi, questo prodotto non fa per voi. In molti studi scientifici, viene utilizzata la fosfatidilserina sintetizzata dalla corteccia bovina, ma questo prodotto non l’ho mai trovato e leggo che è proibito negli USA. Seriphos, il prodotto che utilizzo è sintetizzato da magnesio e calcio e stando agli ingredienti, non contiene soia.
  • Adrenal Cortex by Thorne Research (corteccia surrenale bovina per innalzare il cortisolo al mattino). Quando scegliete di utilizzare questi prodotti, controllate sempre che contengano solo corteccia surrenale (adrenal cortex) e non l’intera ghiandola surrenale bovina (adrenal grandular). Quest’ultima infatti contiene sia cortisolo che adrenalina. E chi ha livelli di cortisolo basso, non ha certo necessità di adrenalina (epinefrina), perché in pazienti con surrenali stressate e livelli di cortisolo basso, l’ultima cosa da fare è aggiungere ulteriore adrenalina.
  • Zen (GABA + L-Teanina)
  • Zinco (50 mg a prima di andare letto, con spuntino, aiutano a ridurre i livelli di cortisolo)

E la glutammina per la leaky gut???

Qualunque articolo sulla leaky gut, consiglia di assumere glutammina. Nel mio caso (e non solo), nonostante ci sia permeabilità intestinale, si è in presenza di disbiosi. Ed in questa situazione, la glutammina può andare a nutrire i batteri patogeni della flora batterica intestinale inficiando di fatto la gran parte dei benefici derivanti da una dieta e terapia adeguate.

Probiotici

Mi rendo conto solo adesso che sono 20 integratori + 4 probiotici al giorno (in effetti la dispensa è piena). Speriamo bene 😉 Eppure non sono mai stato meglio di così.

Se ti è piaciuto questo articolo, ti chiedo un piccolo favore. Un click sul pulsante +1 qui sotto. A te non costa niente, per me vale moltissimo.

 

BONUS: per ricevere i contatti della mia nutrizionista e le istruzioni (modalità e costi) per ordinare i test di Cyrex Labs, clicca qui.

 

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L'articolo Permeabilità intestinale (leaky gut): sintomi, test e rimedi sembra essere il primo su Codice Paleo.

Metalli pesanti: capire come e quando disintossicarsi

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A seguito dell’ultimo post con gli esami per leaky gut, reazioni autoimmuni e cortisolo, ho proseguito le indagini. E visti i risultati precedenti ho effettuato ulteriori approfondimenti.

In particolare, considerati gli esiti del Multiple Autoimmune Reactivity Screen, Array 5 di Cyrex Labs e i “predictive antibobodies” del Cerebellar (cervelletto), ho effettuato anche l’Array 20 (Blood Brain Permeability Screen) per escludere che ci fosse una permeabilità di questa area.

Il cervelletto (cerebellum) è parte del cervello che controlla i movimenti e l’equilibrio. All’interno della corteccia cerebellare ci sono grandi neuroni chiamati cellule del Purkinje.

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Test per verificare la permeabilità della barriera sangue-cervello

Questo test (Blood brain barrier permeability) misura la proteine della barriera sangue-cervello (IgA & IgG combinate e IgM).

La rottura di questa barriera può essere dovuta a traumi cerebrali (incidenti), stress, infiammazione, cibo e batteri patogeni.

A causa della cross-reattività tra i fattori scatenanti ambientali e i tessuti neurologici, i pazienti con anticorpi circolanti che soffrono la rottura della barriera sangue-cervello, sono a rischio per quegli anticorpi ambientali che filtrano nel cervello, causando danni ai tessuti neurologici.

Prendiamo il caso di un paziente che reagisce al glutine, continua a consumare glutine ed ha una permeabilità della barriera sangue-cervello, gli anticorpi in circolo della gliadina possono raggiungere il sistema nervoso ed attaccare i tessuti a cui la gliadina cross-reagisce.

Il sistema immunitario del paziente produrrà autoanticorpi contro i tessuti neurologici, che causeranno ulteriori danni fino alla neuroautoimmunità. Simili effetti cross-reattivi possono verificarsi in presenza di infezioni microbiche.

Le condizioni cliniche relative alle cellule del Purkinje spaziano dall’esposizione tossica (mercurio, alcool) a problemi autoimmuni (morbo celiaco) e da mutazioni genetiche a malattie neurodegenerative.

Il test è indicato per chi ha permeabilità intestinale con livelli anormali di anticorpi contro i lipopolisccaridi e/o occludina/zonulina. Esattamente come me.

E questo è il motivo, spiegato benissimo dalla D.ssa Terry Wahls nel suo libro “The Wahls Protocol“:

Il collante che sigilla la parete intestinale è lo stesso composto che fodera i vasi sanguigni, per cui se inizia a rompersi, potete scommettere che la parete dei vasi sanguigni – compresi quelli che arrivano al cervello – con molta probabilità si romperanno anch’essi.

Potreste quindi avere un intestino che perde (leaky), vasi sanguigni che perdono ed un cervello che perde!

Nel cervello, la barriera sangue-cervello (emato-encefalica) che fornisce uno strato protettivo extra per il cervello contro i batteri infettivi diverrà meno efficace.

Il cervello è più soggetto a permettere cellule immunitarie eccessivamente attive, aumentando la probabilità di infiammazione inappropriata e problemi peggiorativi relativi a disturbi dell’umore e neurologici come la sclerosi multipla.

Questo è il motivo per cui un intestino che perde (leaky gut) non ha solo a che vedere con problemi gastrointestinali, ma ha che fare con l’intero sistema e la salute generale della persona.

Ecco quindi i risultati del mio test:

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Finalmente una buona notizia 😉 Il test è negativo.

Possiamo quindi procedere oltre.

Test per i metalli pesanti

Come possiamo sapere se stiamo perdendo la tolleranza chimica?

E’ possibile testare la tolleranza chimica misurando gli anticorpi delle sostanze chimiche ambientali.

Gli anticorpi positivi indicano una reazione immunitaria eccessivamente zelante alle sostanze chimiche ambientali ed una perdita della tolleranza chimica.

Non confondiamo l’esame degli anticorpi con i test che misurano la quantità di sostanze chimiche e metalli pesanti presenti in urina, capelli o feci.

Quando si ha a che fare con la perdita di tolleranza chimica, la tolleranza del sistema immunitario a questi composti è il fattore chiave, e non la quantità delle sostanze presenti nel corpo.

Questo è il motivo per cui certe persone non possono tollerare neppure tracce di certe sostanze senza reazioni avverse.

Alcune persone possono reagire ai metalli pesanti nel modo in cui alcuni reagiscono al polline o al glutine, provocando una risposta immunitaria.

In altre parole, qualcuno può avere una sensibilità immunitaria al mercurio, che è più comune di ciò che molti pensano. E sebbene molte persone abbiano un certo livello di mercurio nel corpo, non tutti i sistemi immunitari risponderanno come se si trattasse di un agente infettivo.

Quando le barriera dell’intestino, del tratto respiratorio o del cervello diventa permeabile (leaky), gli antigeni come il mercurio possono passare attraverso, creando potenzialmente una risposta immunitaria cronica e potente e scatenando probabilmente il gene per una malattia autoimmune.

Quale test? Chemical Immunity Reactivity screen!

Questo test (Array 11) prende in considerazione le tossine da fonti biologiche (aflatossine) e le sostanze tossiche prodotte dall’uomo (BPA, metalli pesanti, mercurio, formaldeide, parabeni, benzene, etc.).

Più che considerare i livelli di questi composti (attraverso urina, capelli, sangue, etc.) nel corpo, il test misura gli anticorpi contro queste sostanze legate ai tessuti.

Due persone possono avere la stessa esposizione ad una particolare sostanza chimica e una non subirà alcuna conseguenza, mentre l’altra potrà avere significative conseguenze sulla sua salute.

La presenza di questi anticorpi indica non solo l’esposizione a questi composti ma una perdita di tolleranza e un carico di esposizione tossica nell’organismo, che possono scatenare una reattività autoimmune.

Qual è dunque la differenza tra i test che misurano i livelli di sostanze chimiche nell’organismo (come il mineralogramma) e l’Array 11?

Le metodologie che misurano i livelli di sostanze chimiche in feci, urina o capelli (mineralogramma), mostrano l’evidenza dell’esposizione, ma falliscono nel determinare i rischi per la salute del paziente.

La risposta immunitaria umorale ci dice più di quanto possano rivelarci i livelli di esposizione a sostanze chimiche.

Ci dice infatti come la persona sta reagendo ad una specifica esposizione.

L’immunità umorale, il sistema in cui gli anticorpi vengono prodotti per combattere/riconoscere gli elementi invadenti, viene testata per una serie di obiettivi clinici, dalle allergie alle infezioni virali.

Questa stessa metodologia di test può essere utilizzata per rilevare gli anticorpi di sostanze chimiche legate ai tessuti umani.

Questo è il primo test che misura la reale risposta immunitaria alle sostanze chimiche, invece di rilevare semplicemente il livello di esposizione alle sostanze chimiche.

I livelli di anticorpi sono direttamente collegati alla quantità di esposizione alle sostanze chimiche?

No.

Ogni persona ha una risposta individuale alle sostanze chimiche.

Alcuni pazienti possono avere bassi livelli di esposizione, ma un sovraccarico nell’organismo (anticorpi elevati), mentre altri possono avere livelli elevati di esposizione, ma un carico nel corpo non misurabile (livelli normali di anticorpi).

Questi i risultati del test:

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I risultati del test indicano una positività a:
  • Isocyanate IgM
  • Trimellitic and Phthalic Anhydrides IgM
  • Mercury (i risultati “equivocal” sono da considerare positivi secondo Cyrex)
Isocyanate IgM

Gli isocianati sono sostanze chimiche altamente reattive e a basso peso molecolare. Possono causare irritazione agli occhi, al tratto respiratorio superiore e alla pelle.

Questi anticorpi indicano una reattività autoimmune agli isocianati che si trovano in molte cose tra cui:

  • schiuma
  • vernice
  • spray
  • lenzuola
  • solette per calzatura
  • pesticidi
  • adesivi
  • plastica
Trimellitic and Phthalic Anhydrides IgM

L’anidride trimellitica (TMA) è una sostanza chimica a basso peso molecolare. Questi anticorpi indicato una reattività autoimmune a sostanze chimiche utilizzate nella produzione di molte cose, tra cui:

  • PVC
  • resine
  • profumi
  • repellente per insetti
  • vernici
  • plastica

Phthalic Anhydride (PA) è una sostanza chimica utilizzata per rendere la plastica flessibile. Questa sostanza può filtrare nel cibo o può essere rilasciata nell’aria e depositata nella polvere.

Mercurio

Questi anticorpi indicato una reattività autoimmune al mercurio, che si trova in molti prodotti, tra cui:

  • Termometri
  • Rubinetti a galleggiante
  • Barometri
  • Amalgame Dentali
  • Crostacei e pesci (in particolari grandi pesci come tonno, salmone e pesce spada)
  • Lampadine a basso consumo
  • Pesticidi e fungicidi

Quindi che facciamo, cheliamo?

Terapia di chelazione, sì o no?

Sempre più persone vanno dal medico con vari problemi di salute scatenati da composti ambientali.

E cosa fanno molti medici?

Effettuano il test dei metalli pesanti che risulta sempre positivo e prescrivono terapie di chelazione utilizzando sostanze chimiche.

Oppure prescrivono ai pazienti programmi intensi di detossificazione del fegato.

Se un paziente ha reazioni avverse, il tutto viene semplicemente derubricato a segno evidente che la terapia sta funzionando.

Ma la verità è che la chelazione in certi pazienti (soprattutto con autoimmunità neurologica e perdita di tolleranza chimica) può essere devastante e distruggere permanentemente i tessuti dei nervi e del cervello.

Perché?

Perché la ricerca ha chiaramente capito che la chelazione tira fuori i metalli pesanti dai tessuti e li redistribuisce, raggiungendo così il cervello, promuovendo tossicità, infiammazione, neurodegenerazione e talvolta effetti collaterali gravi.

In questi casi la chelazione promuove l’attivazione immunitaria a causa dell’intolleranza chimicia. E’ come nutrire un celiaco col glutine.

La chelazione non dev’essere intrapresa fino a quando la persona ha dimostrato che l’integrità della barriera immunitaria e le risorse di glutatione sono state rispristinate.

Una persona deve essere abbastanza sana per tollerare le reazioni avverse che la chelazione può produrre e calcolare sempre il rapporto clinico rischio-beneficio.

In una situazione di permeabilità, la cosa più importante da fare è ripristinare l’integrità delle barriera immunitaria.

Questo evita che il mercurio (o alte sostanze) raggiunga parti che non deve raggiungere come il cervello e i tessuti nervosi.

Oltre a fornire i nutrienti necessari per ripristinare queste barriere, ricordate che lo stress indebolisce significativamente questi tessuti.

E visto che una glicemia instabile è un grande stress, controllare la glicemia attraverso la dieta è fondamentale.

Quando il ripristino dell’integrità delle barriere immunitarie produce una diminuzione della condizione autoimmune, la chelazione può essere appropriata, ma forse no.

E’ meglio vivere in pace con il mercurio, piuttosto che distruggere in modo permanente i tessuti del cervello nel tentativo di eliminarlo.

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Glutatione e chelazione

Uno degli approcci fondamentali per migliorare la tolleranza chimica è di supportare i livelli di glutatione ed il sistema di riciclo del glutatione.

Il glutatione è l’antiossidante più potente del nostro corpo ed è essenziale per un sano sistema di difesa.

Idealmente, il corpo mantiene sufficienti livelli di glutatione. Però, stress cronico o estremo lo esauriscono.

Oltre a questo, le malattie autoimmuni e l’esposizione a composti tossici svuotano ulteriormente i preziosi rifornimenti di glutatione.

Infatti, è difficile sviluppare intolleranza chimica o autoimmunità se il sistema del glutatione è ben solido.

Quando l’organismo ha bassi livelli di glutatione, un composto ambientale come la plastica, i pesticidi, i profumi o i fumi della benzina hanno più possibilità di scatenare una reazione immunitaria.

Questo porta eventualmente ad una perdita di tolleranza chimica ed una riposta immunitaria esagerata ai composti ambientali.

E’ in questo scenario che la chelazione dei metalli pesanti può avere conseguenze disastrose.

Come la chelazione rilascia metalli pesanti in un sistema svuotato di glutatione, questi metalli liberati possono scatenare malattie autoimmuni ed infiammazione.

L’esperienza clinica di Datis Kharrazian:

Ho visto molte persone crollare sotto i colpi di una terapia di chelazione.

A queste persone viene detto che si stanno detossificando ma la realtà è che si stanno infiammando perché non c’è abbastanza glutatione per assorbire il danno, e l’organismo è costretto a subire il colpo.

E’ fondamentale assicurarsi che il sistema del glutatione sia sano prima di intraprendere una terapia di chelazione e che la barriera immunitaria dell’intestino, del cervello e del tratto respiratorio non sia permeabile o danneggiata.

Il glutatione non protegge solo le cellule agendo come un antiossidante.

E’ anche un chelatore sicuro, nel senso che può legarsi ai composti ambientali (per formare strutture complesse che sono meno tossiche ed immuno-reattive dei metalli liberi) ed aiutare a rimuoverli dal corpo.

E’ stato dimostrato che i nutrienti che supportano i livelli di glutatione e di riciclo chelano e eliminano i metalli pesanti dall’organismo senza redistribuirli in altri tessuti come il cervello.

Sebbene il glutatione non abbia le stesse proprietà chelanti e leganti di agenti come DMSA, DPS e EDTA, è comunque un’interessantima forma di terapia poiché chela senza redistribuire i metalli in altri tessuti.

Supportare il riciclo del glutatione

La prima cosa da fare è ridurre gli stressori che svuotano questo sistema vitale.

Per essere pratici, mantenere una glicemia stabile, individuare ed eliminare le intolleranze alimentari, guarire l’intestino, equilibrare gli ormoni, e così via.

Di seguito i composti botanici nutrizionali basilari che la ricerca ha scoperto supportare i percorsi di riciclaggio del glutatione:

  • N-acetilcisteina (NAC)
  • L-glutammina
  • Selenio
  • Cordyceps
  • Centella Asiatica (Gotu kola)
  • Cardo Mariano (Silybum marianum)
Sangue, urine o sudore per eliminare i metalli pesanti dall’organismo?

Nello studio “Blood, Urine, and Sweat (BUS) Study: Monitoring and Elimination of Bioaccumulated Toxic Elements“, i ricercatori hanno analizzato la concentrazione di circa 120 sostanze tossiche in urina, sangue e sudore di 20 partecipanti (10 sani, 10 con vari problemi di salute), di cui 11 uomini e 9 donne tra i 44 e i 46 anni.

I partecipanti allo studio acconsentirono a donare 200 ml di sangue, un campione della prima urina del mattino e 100 ml di sudore.

Il sudore venne raccolto da ogni partecipante durante la sauna ad infrarossi (per 10 partecipanti, 7 utilizzarono una sauna normale e 3 dopo intensa attività fisica) passandosi una spatola sul corpo e trasferendo il sudore in un contenitore di vetro.

Il sudore fu raccolto 1 settimana prima o dopo la raccolta del sangue.

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Furono trovati elementi tossici in differenti quantità in sangue, urina e sudore.

Molte sostanze furono eliminate attraverso il sudore, probabilmente perché immagazzinate nei tessuti e quindi indisponibili nel sangue.

La sudorazione indotta attraverso la sauna sembra essere un metodo potenzialmente valido per l’eliminazione di sostanze tossiche dall’organismo.

Ad ogni modo, la concomitante perdita di minerali necessari tramite il sudore (evidenziato anche nei dati dello studio), ci serve a ricordare che gli utilizzatori di sauna dovrebbero assicurarsi un adeguato consumo di minerali per compensarne la perdita durante la sauna.

Visti i risultati dei test, la mia attuale terapia di “chelazione” prevede:
  • Thiodox – Allergy Research Group
  • Tintura di Burbur – Nutramedix
  • Sauna infrarossi

Per oggi è tutto folks. Alla prossima con nuovi test.

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BONUS: per ricevere i contatti della mia nutrizionista e le istruzioni (modalità e costi) per ordinare i test di Cyrex Labs, clicca qui.

 

L'articolo Metalli pesanti: capire come e quando disintossicarsi sembra essere il primo su Codice Paleo.

Quando la dieta non basta, l’intestino ha questo problema

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Un antico proverbio arabo recita così:


L’uomo si ammala mangiando e guarisce digerendo.
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Le persone che seguono una dieta “sana”, assumono regolarmente integratori di qualità, hanno una stile di vita corretto e che continuano ad avere problemi digestivi, molto spesso hanno ospiti indesiderati (senza saperlo): i parassiti.

Questo è quello che ho imparato dopo aver letto l’articolo di Jordan Reasoner, in qualità di ex-paziente e fondatore (insieme a Steven Wright) del sito SCDlifestyle.

Solitamente, queste persone (me compreso) che nonostante tutti gli sforzi continuano ad avere problemi, si sono sottoposti più volte ad esami di vario genere e test microbiologici delle feci (coprocoltura) senza mai venire a capo del problema.

Infatti questo esame nel 90% dei casi (e forse più) non è in grado di rilevare assolutamente niente. Ci si ritrova quindi con un test negativo, e la presunta certezza che non ci siano invasori nel nostro intestino.

Ma la storia è un po’ diversa. E per fortuna esiste un’alternativa.

Ovvero esami molto più precisi ed approfonditi in grado di verificare la presenza di batteri patogeni, parassiti, funghi e virus. E indovinate un po’ dove viene effettuati la gran parte questi test?

All’estero. Ma va..

Patogeni: procarioti ed eucarioti

I patogeni sono di vario genere e possiamo distinguerli in batteri, virus, funghi, protozoi, vermi e parassiti.

Batteri e virus sono procarioti, sono molti piccoli e non hanno mitocondri. Si nutrono di glucosio, proteine e qualche amminoacido. Fermentano i carboidrati e sono principalmente confinati nell’intestino.

Mentre tutti gli altri sono eucarioti e per proliferare hanno necessità di ossigeno, per cui possono accedere al sangue. Si nutrono di colesterolo HDL e LDL, per cui in persone con livelli molto bassi di colesterolo, una delle cause potrebbe essere un’infezione parassitica.

Sull’argomento, di seguito riporto la traduzione di alcune parti di un interessantissimo podcast tra Chris Kresser (CK) e Paul Jaminet (PJ):

CK: quali sono i sintomi di un’infezione e com’è possibile distinguere tra i diversi tipi di infezione fungina, batterica e parassitica?

PJ: questo è il caso in cui la dieta può aiutarci nella diagnosi.

La medicina è ancora in uno stato primitivo e non serve a molto nella diagnosi di queste infezioni, tantomeno nella terapia.

Ma molti di questi patogeni rispondono in modo diverso a seconda della dieta.

E ad esempio uno dei fattori chiave è come queste infezioni rispondono alla dieta chetogenica.

I patogeni che hanno i mitocondri come funghi e protozoi possono metabolizzare i chetoni come fonte di energia.

I batteri e i virus non possono, e quindi chi segue una dieta chetogenica affamerà batteri e virus ma nutrirà funghi e protozoi. Per cui seguendo un regime chetogenico per un po’, migliorerà o peggiorerà i sintomi.

E questo può dirci quale tipo di patogeni abbiamo, se con o senza mitocondri.

Inoltre i funghi tendono a fare tutto più lentamente dei batteri, si moltiplicano più lentamente e ciò rende le infezioni fungine relativamente stabili rispetto alle infezioni batteriche che risultano molto più variabili.

CK: Sono molto interessato a quello che dici, in particolare al fatto di come i funghi possano utilizzare i chetoni e progredire con un regime chetogenico.

Una delle caratteristiche della dieta anti-candida è quella di eliminare (temporaneamente) frutta, carboidrati, tuberi, verdure amidacee e cereali.

Quello che succede è che si finisce per consumare una dieta molto low-carb, se non (in certi casi) completamente chetogenica, e io vedo molti pazienti che peggiorano sempre più seguendo queste diete , quindi mi chiedo se questo ha a che fare con il meccanismo di cui stai parlando.

PJ: Sì, è molto probabile. Non è un male seguire un regime low-carb rispetto agli standard delle diete convenzionali (Mediterranea).

Penso che l’ideale per chi ha la candida sia consumare tra 600 e 800 calorie di carboidrati al giorno. Ma ridurre eccessivamente i carboidrati presenta i rischi di un’invasione sistemica. Inoltre, non fa molto per promuovere la flora batterica sana nell’intestino.

Per cui il problema ha a che fare con l’ecologia dell’intestino, la qualità della flora batterica ed il cibo che questi batteri preferiscono digerire.

Solitamente proliferano velocemente in una parte dell’intestino.

Per cui alcuni possono preferire il colon e non trovarsi bene nel piccolo intestino, mentre altri possono trovarsi bene nel piccolo intestino oppure nella bocca.

L’Helicobacter Pylori si trova bene nella bocca, per cui possiamo avere patogeni diversi in zone differenti, ed ogni specie di patogeni in ogni zona dell’intestino produce sintomi diversi.

Perciò quando abbiamo problemi con certi cibi, solitamente è perché c’è qualche infezione o disbiosi.

E quasi sempre le cose che ci creano problemi sono quelle che nutrono i patogeni, che possono approfittarne per moltiplicarsi e rilasciare tossine, e quello che provoca i sintomi è solitamente la risposta immunitaria alle attività dei patogeni.

Per cui l’eliminazione di un cibo che ci dà problemi ci aiuterà perché affamerà in qualche modo i patogeni.

Ma ciò non garantisce che i patogeni verranno eliminati perché questi patogeni sono molto versatili, non metabolizzano una cosa sola, ma molte cose e possono quindi sopravvivere con gli altri cibi.

Se poi esageriamo con l’eliminazione dei cibi o con diete solo a base di carne (per esempio), i patogeni possono ugualmente sopravvivere metabolizzando le proteine, ed è possibile che in questa situazione stiamo affamando più i batteri buoni dell’intestino dei patogeni.

Così, facendo due conti, mi sono insospettito circa la presenza di parassiti dopo aver notato che avevo:

  • reflusso e fastidi tra le 2 e le 3 del mattino
  • ingiustificati rash cutanei solo di notte con dieta molto low-carb
  • assenza di sintomi (insonnia, problemi digestivi) durante i periodi di febbre
  • reazione allergica cutanea a aceto, funghi, olive e frutta disidratata
  • forte miglioramento dei sintomi durante lo stato di chetosi iniziale, ma non nel lungo periodo
  • infiammazione alle stelle mangiando carne rossa (ferro)

Da premettere che due anni fa, feci lo Stool test di Metametrix, che sì, evidenziò disbiosi (presenza di Clostridium difficie), ma non rilevò nessuna infezione specifica.

Emersero comunque alcuni elementi di ciriticità (alla luce di oggi), ma all’epoca ero ancora nelle mani del gastroenterologo. E quando gli mostrai i risultati del test, iniziò a ridere.

Ricordo che era un sabato mattina. Scorreva i risultati del test al telefono e rideva, rideva (tant’è che anch’io iniziai a ridere) circa l’irrilevanza scientifica di quel test.


Feci lo stesso con il mio medico di base che liquidò il test con le seguenti parole: tutte cazzate!
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Certo, se non capisci una parola d’inglese, parli poco italiano e comunichi principalmente in dialetto, può essere.

Era il 2012, non il 1912. Eppure..

Così, dopo due anni di tentativi, ho effettuato lo Stool test di Doctor’s Data with parasitology x3. E questi sono i risultati.

Bacteriology-Culture

La colonna verde mostra la flora batterica buona. Il numero che precede i ceppi varia da 1 a 4 ed indica la quantità rilevata. Nel mio caso va abbastanza bene ad eccezione dei Lactobacilli che sono assenti o comunqe non rilevati.

La colonna gialla presenta batteri innocui, né benefici né patogeni. Questi stessi batteri possono diventare patogeni se la colonna verde presenta eccessive carenze di flora sana o se la flora classificata come “Commensal” è presente in grandi quantità (nel mio caso al minimo: +1).

Non sono (più) un grande sostenitore di diete molto low-carb in caso di disbiosi e (soprattutto) SIBO.

La capacità di produrre adeguate quantità di glucosio dalle proteine in una dieta low-carb richiede un fegato sano, che la gran parte delle persone affette da disbiosi e leaky gut non ha.

Questa è una considerazone importante poiché la mucina che forma parte della barriera mucosale ha bisogno di glucosio per la sua produzione.

I vegetali che mangiamo forniranno pochissimo glucosio.

Molti dei componenti di questi vegetali saranno fermentati e convertiti nel colon in acidi grassi a catena corta, e non utilizzati per fornire glucosio all’organismo.

C’è bisogno quindi di una fonte sicura di amidi ricchi di glucosio (batate, taro, riso, etc) nella dieta.

Esiste anche il rischio di una carenza di glucosio che può interessare la capacità del fegato di convertire l’ormone tiroideo T4 nella sua forma attiva T3.

E questo nel tempo può portare ad ipotirodismo con sintomi come: mani e piedi freddi, costipazione, pelle secca, disturbi del sonno e mente annebbiata.

Infine, e questi sono i casi più difficili, qualcuno può non mostrare sintomi evidenti, o almeno non nell’intestino.

Un esempio classico è quello delle persone che visitano il dermatologo per problemi alla pelle (dermatite, psoriasi, eczema).

La digestione corretta di grassi, vitamine liposolubili e altri nutrieni è essenziale per una pelle sana. In caso di SIBO però, questo non succede, con il risultato che alla fine della visita vi verrà prescritta una crema per la pelle anziché suggerirvi di andare dal gastroeneterologo.

Yeast-Culture

Nella coltura dei miceti, è presente il Geotrichum, considerato normale vista la quantità. Questa specie è comunemente coinvolta nella creazione e perpetuazione della leaky gut.

DigestionAbsorption

Digestione e assorbimento. Qui, tutto bene. Oh yeah! Fibre indigerite poche. Ma in caso di problemi digestivi ed infiammazione, ricordate che:

Molte persone pensano che la fibra sia indigeribile, ma questo non è vero. La fibra è indigeribile per l’uomo, ma non per i batteri. La fibra è cibo per batteri che permette alla flora batterica di moltiplicarsi. I medici spesso raccomandano di consumare fibra ai pazienti con problemi intestinali. Ma purtroppo questo consiglio, si ritorce contro (l’intestino del paziente!).

Infatti c’è un problema, che il Dr. Paul L. McNeil spiega così:

Quando consumiamo cibo ricco di fibra, questo sbatte contro la parete cellulare del tratto gastrointestinale, rompendo il rivestimento esterno.

E ciò non può essere una cosa positiva. Infatti non lo è.

Una fibra solubile (e non insolubile) più delicata derivante da frutta e verdura può essere di maggior aiuto rispetto alla crusca del frumento, ma anch’essa può risultare utile solo in dosi moderate, e in un intestino sano.

La fibra nutre sia i batteri patogeni che i batteri probiotici, ed aumenta la popolazione di entrambi.

Quando l’intestino è danneggiato e permeabile (leaky), un maggiore numero di batteri equivale a più tossine batteriche infiltrate nell’organismo.

Una dieta povera di fibre, con l’obiettivo di ridurre la popolazione batterica nell’intestino, può essere desiderabile per i pazienti con problemi intestinali.

Giardia

Giardia e Cryptosporidium? Go home!!

Intestinal-Health-Markers

Anche qui, tutto bene!

Short-chain-fatty-acid

Acidi grassi a catena corta (SCFA) molto bene. Sarà merito dell’amido resistente? Butirrato? Si può fare meglio. Troppo poco amido resistente? 😉

Inflammation

Anche l’infiammazione è al minimo. WoW.

Microscopic-Yeast

Niente Candida overgrowth né altro. Ma in caso di sovrascrescita di Candida Albicans, tenete conto del fatto che:

Diete molte low-carb scateneranno le infezioni fungine (candida) attraverso la soppressione dell’immunità antifungina e riducendo la popolazione dei batteri probiotici nell’intestino, i quali competono con i funghi.

Una dieta bilanciata composta per il 30% da carboidrati (verdura, amidi come patate e riso e poca frutta, sempre a basso indice glicemico) è la scelta migliore in caso di infezioni fungine.

Carboidrati inferiori al 30% affamano la funzione immunitaria, il mantenimento della matrice extracellulare e la produzione di muco, tutte funzioni che ci aiutano a difenderci contro le infezioni fungine.

In questi casi, un eccesso di carboidrati oltre il 30% presenta altrettante problematiche.

Lieviti e cibi fermentati

La maggior parte delle persone (ma non tutte) con sovracrescita di funghi (tipo candida albicans) ha problemi di intolleranza o allergie ai lieviti.

I sintomi sono vari e includono:

  • naso che cola
  • prurito anale
  • sinusite cronica
  • mal di testa
  • mente annebbiata
  • lingua con patina biancastra
  • necessità di urinare frequentemente
  • costipazione o diarrea
  • eruzioni cutanee
  • ritenzione idrica
  • voglia di dolce.

E se questo è il vostro caso, la gran parte dei cibi fermentati potrebbe creare dei problemi.

La lista dei cibi potenzialmente problematici include:

  • yogurt, kefir, kimchi, crauti, kombucha, funghi, aceto, vino, olive, tè, caffè, frutta disidratata.

Per chi vuole comunque integrare con probiotici ed ha problemi di intolleranza coi lieviti, i ceppi probiotici che non ne contengono sono: bacillus coagulans, bacillus subtilis e enterococcus faecalis.

Immunology

I miei livelli di immunoglobuline A secretorie (SIgA) sono troppo bassi.

Quando una persona non riesce a debellare infezioni, funghi o allergie, le sIgA sono generalmente uno di quei fattori che meritano un approfondimento. In quanto danno un quadro chiaro di quanto forte sia l’immunità della mucosa.

Cosa sono le SIgA?

Le sIgA rappresentano tra il 75% e il 90% degli anticorpi prodotti nelle membrane della mucosa dalle cellelue, dette immunociti.

Le sIgA sono le immunoglobuline nella secrezione della mucosa.

Le cellule intestinali producono 2-3 grammi di sIgA ogni giorno e questa produzione tende a raggiungere l’apice durante l’infanzia per poi diminuire dopo i 60 anni.

Molte persone pensano che il muco si trovi solo nel naso e nelle cavità sinusali, ma in realtà ce n’è molto di più nell’intestino.

Una parete collosa di muco rappresenta la nostra prima linea difensiva contro patogeni nel tratto gastrointestinale come batteri, proteine del cibo, parassiti, funghi, tossine e virus.

La permeabilità intestinale è un altro fattore importante, in quanto se siamo in presenza di bassi livelli di sIgA, la riparazione dei tessuti della mucosa può essere compromessa.

Bassi livelli di SIgA

Il livello totale di sIgA indica l’impatto dello stress sul sistema immunitario, visto che questi anticorpi secretori compongono la parete della barriera immunitaria nel tratto digestivo.

Le persone con bassi livelli di sIgA hanno grandi difficoltà con allergie, problemi cronici della pelle ed infezioni.

E spesso, queste persone non riescono a liberarsi della Candida, almeno fino a quando non vengono ripristinati livelli adeguati di sIgA.

Celiaci e persone con disturbi autistici sono noti per avere bassi livelli di sIgA, così come la gran parte dei pazienti con morbo di Crohn e colite ulcerosa.

Se i livelli bassi di sIgA persistono, la funzione surrenale inizia a risentirne fino a sfociare in stanchezza surrenale.

Aumentare i livelli di SIgA

Dal punto di vista nutrizionale, ci sono alcuni modi per aumentare i livelli di sIgA, e questi includono l’assunzione di probiotici (Saccharomyces Boulardii), betaglucani, enzimi digestivi, colina, acidi grassi essenziali, glutatione, glicina, glutammina, fosfatidilcolina, vitamina C e zinco. E ovviamente la vitamina delle vitamine: vitamina D.

Solitamente possono volerci 4-6 mesi per ripristinare i livelli, ad eccezione di alcuni casi molto ostinati, in cui può servire molto più tempo (fino a 2 anni).

E questi casi difficili richiedono interventi mulipli per i sabotaggi in corso che indeboliscono il sistema immunitario.

Per esempio, prendersi cura di funghi, parassiti ed infezioni batteriche, supportare le ghiandole surrenali, correggere l’ipotiroidismo, migliorare la detossificazione del fegato (metalli pesanti), debellare virus latenti, eliminare gli allergeni, guarire la permeabilità intestinale (leaky gut), migliorare l’assorbimento di vitamine, minerali e amminoacidi.

E’ inoltre importante ricordare che gli ormoni giocano un ruolo importante nella produzione di sIgA.

Livelli alti di cortisolo e bassi di DHEA creano una carenza di sIgA.

Ed oltre a sopprimere gli immunociti che producono sIgA, cortisolo alto e DHEA basso causano uno stato di stress costante.

In questa condizione, l’organismo si comporta come se fosse continuamente minacciato, aumentando la richiesta di produzione di cortisolo (effetto catabolico).

Maggiore è il tempo in cui il corpo è in preda ad uno stress cronico, maggiore sarà il tempo che servirà agli immunociti per guarire e stabilizzare la produzione di sIgA, rallentando o addirittura impedendo la riparazione della mucosa intestinale.

Metametrix-Immunity

Mentre qui sopra potete vedere i risultati delle SIgA effettuate con il test Metametrix nel 2012.

Al contrario di adesso, i livelli erano alti, segno di un’attività notevole del sistema immunitario, forse nel tentativo di debellare qualche infezione o sopperire a qualche intolleranza.

Infatti anche le anti-gliadin SIgA sono molte alte e indicano una sensibilità al glutine. All’epoca del test, non avevo ancora iniziato la paleodieta e consumavo cereali.

Parasitology-Microscopy

Qui, c’è evidentemente un problema. Ovvero la presenza in quantità eccessive (Mod) del Blastocystis hominis, tra l’altro ritrovato in tutti e 3 i campioni.

Il Blastocystis è un parassita enterico protozoo inconsueto presente sia negli uomini che negli animali.

I sintomi attribuiti alla presenza di Balstocystis sono aspecifici, non presenti in tutti i portatori ed includono: nausea, costipazione, dolore addominale, gonfiore, flatulenza, diarrea acuta o cronica, stanchezza e anoressia.

Ma tutti coloro i quali hanno problemi di allergie, difficoltà al sistema immunitario, problemi cutanei e disturbi intestinali dovrebbero prendere in considerazione, in assenza di altre condizioni, la possibilità che il Blastocystis hominis sia la causa di tutto questo.

E’ stata inoltre rilevata un’associazione, (a seconda dell’intensità dell’infezione parassitica), tra la presenza di blastocystis e sintomi della pelle come orticaria ed eruzioni cutanee.

Infine, parassiti come Blastocystis hominis ma anche Dientamoeba fragilis, Shigella e Histolytica sono comunemente identificati in persone con leaky gut syndrome (permeabilità intestinale aumentata).

Ma il Blastocystis hominis è patogeno o no?

Cerchiamo sempre di trovare una risposta per tutti, ma la verità è che non esiste una risposta per tutti, perché ognuno ha un ambiente interno diverso.

Quindi per esempio, prendiamo una persona con Blastocystis hominis, che è il parassita più comune negli umani, non ha sintomi ed è completamente sana.

Poi prendiamo un’altra persona con Blastocystis homins, ed è completamente malata.

Quindi, il Blastocystys è patogeno o no? La risposta è sì e no.

Dipende dal portatore. Dipende dall’ambiente interno all’intestino, e dall’immunità innata della persona.

Nello studio “Clinical Microbiology Reviews” il Dr. Kevin Tan mostra come un’infezione di Blastocystis possa risultare in una varietà di risvolti patologici come la degradazione delle IgA secretorie (SIgA), funzione della barriera compromessa, ed induzione delle citochine pro-infiammatorie.

La degradazione della SIgA e la scomposizione della parete intestinale possono promuovere la crescita e l’invasione di patogeni gastrointestinali.

Questo potrebbe spiegare l’apparente disbiosi in pazienti con B. Hominis.

La degradazione di SIgA contribuisce alla perdita di equilibrio batterico e riduce la competenza di produzione delle cellule T-regolatorie che in cambio possono aumentare il rischio di infiammazione intestinale e sistemica.

Quando la parete intestinale è infiammata, batteri e lieviti possono traslocare.

In altre parole, possono passare dalla cavità intestinale al circolo sanguigno e provocare infezioni in qualsiasi parte del corpo, compreso il cervello.

Questa è spesso la causa misteriosa e non diagnosticata di infezioni in denti, gengive, ossa, prostata, vescica e cavità nasale.

Asse HPA e Patogeni

Come illustrato nell’immagine seguente, i batteri patogeni interessano la salute dell’asse HPA:

patogeni-asse-HPA
Oltre ai patogeni, dobbiamo ricordare che lo stress (in tutte le sue forme) provoca leaky gut.

L’aumento di cortisolo porta al distaccamento delle giunzioni strette dell’intestino.

Così come il glutine e i patogeni aprono queste porte, così fa il cortisolo.

Il cortisolo causa permeabilità intestinale che impatta direttamente sull’asse HPA attraverso la produzione di citochine.

Ma non solo.

L’infiammazione agisce anche sul fegato e riduce i livelli di triptofano nel cervello.

Aumenti di cortisolo, che siano causati da endotossiemia o stress psicologico, compromettono sempre la funzione della barriera intestinale, sia nel piccolo intestino che nel colon.

Ed una volta che si è in presenza di disbiosi, la risposta allo stress cronico che questa produce, stimolerà continuamente un’aumentata permeabilità intestinale ed un rilascio di cortisolo, in un circolo vizioso difficile da interrompere.

La disbiosi infine, associata ad una cattiva digestione produce scarti tossici come alcool, D-lattato e solfuro di idrogeno, che inibiscono la funzione mitocondriale.

La tripla terapia

In presenza di blastocystis hominis, l’utilizzo di Metronizadole (Flagyl) è spesso impiegato, con però scarsi risultati.

Altre terapie includono la somministrazione di Cotrimoxazole, Nitazoxanide.

Ad oggi, quella che pare essere la terapia più efficace è stata messa a punto dai medici del Center for Digestive diseases di Five Dock in Australia.

La tripla terapia prevede la somministrazione orale combinata per 10 giorni dei seguenti antibiotici:

  1. Secnidazole
  2. Diloxanide Furoate
  3. Septrin Forte o Bactrim DS

Se il trattamento non risulta efficace, esiste un secondo cocktail di antibiotici sempre per via orale. Ed in ultima istanza, può essere ripetuto tramite infusione colonica (via colonscopia) direttamente nel piccolo intestino.

Parassiti ed intolleranze alimentari

Quando l’organismo è inibito o colonizzato da batteri indesiderati, eccesso di funghi o parassiti in modo ripetuto, questo riflette uno squilibrio non solo nel tratto digestivo ma anche nel sistema immunitario.

Un’immunità indebolita aumenta significativamente il rischio di infezioni da parte di questi organismi patogeni. Ed in questa situazione, ciò che favorisce le intolleranze alimentari, favorisce anche i parassiti.

Infatti, le intolleranze alimentari sono un possibile indicatore della presenza di un’infezione parassitica.

Si pensa che i parassiti alterino l’attività immunitaria nell’intestino e provochino infiammazione, condizioni che aumentano il rischio di reattività delle IgG agli antigeni del cibo.

L’associazione tra parassiti ed intolleranze è qualcosa di ancora poco chiaro in termini di diagnosi, anche se sempre più evidenti sono i collegamenti tra le due cose.

L’infiammazione causata dai parassiti e le tossine che producono possono anche aumentare il rischio di permeabilità intestinale (leaky gut), ed è questo che più direttamente porta allo sviluppo di intolleranze alimentari.

Paul Jaminet su “Lipopolisaccaridi (LPS), pelle ed intestino”

Quando c’è un problema con un’intera classe di cibi, come i grassi, è molto probabile che siamo in presenza di disbiosi o di qualcosa che non funziona, che dev’essere sistemata.

L’acne ad esempio, penso sia comunemente causata dalle tossine in circolazione, chiamatele tossine da die-off di patogeni, queste possono essere componenti della parete cellulare da funghi, o lipopolisaccaridi da batteri.

Avete quindi queste tossine in circolazione e in termini di sistema immunitario, circa l’80% si trova nell’intestino, mentre il 20% nella pelle.

Per cui in presenza di segnali infiammatori e tossine in circolo, le tossine si incontreranno con le cellule che produrranno una risposta immunitaria principalmente nell’intestino e nella pelle, e quindi molto spesso quando abbiamo queste tossine in circolo e abbiamo qualche tipo di disbiosi, avremo anche della manifestazioni cutanee.

Possibili terapie alternative ai parassiti intestinali

Si tratta di rimedi naturali alternativi agli antibiotici.

Funghi e batteri

  • Acido undecilenico
  • Acido caprilico
  • Uva ursina
  • Uncaria Tomentosa (Unghia di gatto, cat’s claw)
  • Pau d’arco

Parassiti

  • Artemisia Asinthum (wormwood extract)
  • Estratto di foglia d’ulivo
  • Estratto d’aglio
  • Estratto di mallo di noce nera (black walnut extract)

H. Pylori e overgrowth batterico

  • Berberina
  • Radice di Yerba Mansa
  • Estratto di Origano

Visto che le piante hanno spesso a che fare con funghi patogeni, molte spezie ed erbe hanno sviluppato capacità antifungine.

Per cui se adottate una terapia con integratori botanici, fatelo con cautela, poiché essendo questi prodotti molto concentrati possono essere più potenti di quanto il vostro corpo sia in grado di sopportare e quindi subire gli effetti negativi del die-off, formalmente noti come reazione di Herxeimer.

Vitamina C, ipoglicemia ed intestino

Dove ci sono stati fermentativi intestinali, quasi inevitabilmente c’è ipoglicemia e viceversa.

Le due cose sono in stretto collegamento.

La ragione di questo sta nel fatto che la fermentazione produce alcool, e l’alcool ha un effetto molto destabilizzante sulla glicemia.

In parole semplici, i lieviti fermentano monosaccaridi e disaccaridi (fruttosio, glucosio, saccarosio), mentre i batteri fermentano disaccaridi, polisaccaridi ed amidi.

Per cui, se avete problemi di fermentazione intestinale, la D.ssa Myhill suggerisce la somministrazione di almeno 4 e fino a 10 grammi di vitamina C (acido ascorbico) in un’unica dose, prima di andare a letto.

Gran parte della vitamina C assunta non viene digerita ma rimane nell’intestino durante la notte ed aiuta a ridurre il carico microbico, quando l’intestino è svuotato.

Troppa vitamina C, può irritare e causare diarrea, quindi aggiustate la dose. Anche se secondo il Dr. Thomas Levy bisogna ricordare, in ogni caso, che:

la diarrea provocata dalla vitamina C è una buona cosa da subire periodicamente poiché ripulisce gli intestini e disintossica sacche di tossicità che si annidano nell’intestino.

Perciò, se i sintomi della tolleranza intestinale non provocano disagio, è probabilmente perfino meglio, per mantenere a lungo una buona salute, mantenere le dosi di C ai livelli che inducono questi sintomi.

Se assumete vitamina C, assicuratevi di integrare con altri cofattori (bioflavonoidi).

Infatti assumere solamente acido ascorbico può portare all’esaurimento di altri cofattori che alla fine impediscono un uso appropriato dell’acido ascorbico e che possono addirittura causare una carenza di vitamina C.

La mia attuale terapia contro il Blastocystis hominis prevede:

  • Burbur Tincture – Nutramedix
  • Takuna – Nutramedix
  • Intenzyme forte – Biotics Research
  • Saccharomyces Boulardii (promuove l’azione antimicrobica e supporta la produzione di SIgA. Inibisce inoltre l’interleuchina-8, riducendo l’infiammazione)
  • A.D.P. with emulsified oreagno oil – Biotics Research
  • Lactobacillus GG Culturelle – Allergy Research Group
  • X-Factor Gold High Vitamin Butter Oil (in particolare vitamina A per la modulazione dell’attività delle cellule T-regolatorie).

Questa terapia avrà durata di 6-8 settimane. Se non ci saranno miglioramenti, prenderò in considerazione la tripla terapia a base di antibiotici del CDD in Australia.

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L'articolo Quando la dieta non basta, l’intestino ha questo problema sembra essere il primo su Codice Paleo.

Colon irritabile e colite recidivi? Il problema è il biofilm

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Se avete uno o più di questi sintomi, le avete provate tutte, la dieta non produce i miglioramenti sperati, così come le terapie antibiotiche, il problema potrebbe essere nella presenza di un’infezione, batterica, fungina o parassitaria.

Diagnosticata o meno, ma non eradicata completamente, nonostante corsi antibiotici ripetuti, a causa  della presenza di biofilm.

  • Sistema immunitario indebolito
  • Prurito anale, soprattutto di notte
  • Difficoltà a prendere sonno e svegliarsi al mattino
  • Infezioni micotiche ungueali
  • Gonfiore e gas addominale
  • Allergie
  • Sensibilità a cibi ed agenti chimici
  • Rash cutanei e prurito nell’area genitale
  • Infezioni vescicali ricorrenti
  • Desiderio di consumare cibi dolci
  • Endometriosi
  • Problemi della pelle come psoriasi, dermatite, eczema
  • Mente annebbiata
  • Irregolarità mestruali
  • Ansia o depressione
  • Dolori muscolari e articolari
  • Costipazione o diarrea
  • Sclerosi Multipla
  • Artrite
  • Osteoporosi
  • Fatica cronica
  • Leaky Gut Syndrome
  • Calcoli renali
  • Morbo di Crohn
  • Insonnia ed altri disturbi del sonno
  • Problemi digestivi di vario tipo

Cos’è un biofilm?

I biofilm (o biopellicole) sono matrici extracellulari in cui risiedono batteri e funghi, in gran parte patogeni, in grado di proliferare e moltiplicarsi in sicurezza, sulla superificie della parete intestinale e protetti dagli attacchi del sistema immunitario.

I biofilm sono un po’ ovunque (placca dentale, sangue, suolo, condotti acquiferi, parete e lume intestinale, superficie corporea, stazioni spaziali, impianti di silicone e strumenti chirurgici) e la loro matrice è formata da:

  • acqua >97%
  • cellule batteriche: 2-5%
  • polisaccaridi: 1-2%
  • proteine (prodotte da lisi cellulare): <1-2%
  • DNA e RNA <1-2%
  • ioni

Un buon esempio è la la placca che copre i denti, in cui la matrice extracellulare permette ai batteri di condividere nutrienti ed anche il DNA, proteggendoli dalle difese immunitarie e dagli antimicrobici che assumiamo.

Nascondendosi all’interno dei biofilm, i batteri diventano più resistenti agli antibiotici (il biofilm rende i microbi 1000 volte più resistenti agli antibiotici).

Questo perché oltre a godere di una protezione fisica, permette ai batteri di scambiarsi i geni resistenti agli antibiotici. I biofilm sono il motivo per cui molte infezioni possono essere così difficili da eradicare.

I biofilm permettono anche ai microorganismi di sopravvivere più a lungo anche in assenza di carboidrati. Uno studio ha dimostrato che i microorganismi possono sopravvivere fino a 43 giorni all’interno del biofilm anche senza cibo (digiuno completo).

I biofilm sono presenti nel 90-95% dei soggetti con malattie infiammatorie croniche intestinali e nel 65% dei soggetti con sindrome del colon irritabile.

Formazione del biofilm

Secondo il Dr. Ettinger:

Il National Institutes of Health (NTH) stima che il 60% di tutte le infezioni umane e l’80% delle infezioni refrattarie (che non rispondono a trattamento medico) sono attribuibili alle colonie di biofilm.

Ho visto questo, più comunemente, in casi di cui mi sono occupato, dove i patogeni erano: Chlamydia pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Helicobacter pylori, Borrelia burgdorferi e Candida albicans.

La presenza di biofilm ha implicazioni nelle malattie croniche infiammatorie, carie dentali, otite media cronica,  sinusite, tonsillite cronica, colesteatoma, infezioni muscoloscheletriche, endocardite, polmonite associata a fibrosi cistica.

Tumore alla cistifellea, infezioni ricorrenti al tratto urinario, acne volgare, vaginosi, blefarite, raspino in gola cronico, lesioni cutanee nel diabetico e disturbi classificati come MINDD (tra cui asma, schizofrenia, ansia, depressione, disturbo da deficit di attenzione, etc.).

Nell’intestino, il biofilm mantiene un sistema esteso di infiammazione cronica che porta a leaky gut, infezioni del tratto gastrointestinale, problemi digestivi di vario tipo, allergie, malattie autoimmune (Crohn, fibromialgia, sclerosi multipla), malattie degenerative e probabilmente al tumore.

Batteri patogeni con biofilm

Alcuni dei batteri patogeni che sappiamo risiedere all’interno del biofilm sono: Borrelia burgdorferi (Lyme disease), Campylobacter spp., E. coli O157:H7, Candida albicans, Clostridium difficile, Clostridium perfringens, Helicobacter pylori, Klebsiella pneumoniae, Legionella pneumophila, Listeria monocytogenes.

Ancora, Pseudomonas aeruginosa, Salmonella typhimurium, Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis e Vibrio cholerae. Specie di Chlamydophila come Chlamydia pneumoniae non formano biofilm, essendo intracellulari, ma possono accidentalmente finire nel biofilm prima di entrare in una cellula ospite.

Perché gli antibiotici non sono così efficaci in presenza di biofilm?

Oltre l’interesse intellettuale di scienziati ed ingegneri per il biofilm, quel è l’uso pratico di questa conoscenza?

Un esempio è lo sviluppo dell’antibiotico. Questi farmaci sono stati sviluppati per uccidere batteri planctonici secondo l’assunto che avrebbero ucciso gli stessi batteri, ovunque si fossero trovati. Ora sappiamo invece che:

  1. i batteri planctonici sono più suscettibili ai prodotti antimicrobici designati ad ucciderli rispetto ai batteri che si trovano all’interno di un biofilm
  2. I batteri nel biofilm esprimono un set differente di geni rispetto alla controparte planctonica ed hanno fenotipi notevolmente differenti.

Mettete queste cose insieme con il fatto che gli antibiotici tradizionali sono stati inventati e testati su cellule batteriche nel loro stato plantconico relativamente non protetto, e capirete perché gli antibiotici non funzionano bene su questi stessi batteri quando cresciuti all’interno di un biofilm.

Modello di resistenza antibiotica del biofilm

Un trattamento iniziale a base di antibiotico uccide le cellule planctoniche e la maggior parte delle cellule del biofilm. Il sistema immunitario elimina anche le cellule planctoniche persistenti, ma non del biofilm, che sono protette dalla matrice esopolisaccaride.

Dopo che la concentrazione antibiotica diminuisce, le cellule persistenti del biofilm resuscitano e l’infezione riparte.

Ma c’è una buona notizia. Il biofilm si può “bombardare” fino a romperlo con un protocollo ad hoc per permettere agli antibiotici ed agli agenti antimicrobici di eradicare l’infezione. Vediamo come.

Protocollo per distruggere il biofilm

Il protocollo è stato presentato per la prima volta dalla D.ssa Anjiu Usman nell’Ottobre del 2007 ad una conferenza sull’autismo infantile, di cui riporto la seguente frase, piuttosto emblematica:

La produzione anormale di biofilm da parte di ceppi resistenti di microorganismi, può essere una possibile eziologia del perché molti dei nostri pazienti con test parassitologi negativi si sentono bene quando assumono prodotti antimicrobici ed antibiotici, ma hanno ricadute non appena terminata la terapia.

Quello che riporto di seguito ha alcune integrazioni ed aggiunte al protocollo Usman, frutto delle mie ricerche.

La terapia è suddivisa in 4 fasi e solitamente richiede da un minimo di 3 ad un massimo di 24 mesi (senza antibiotici).

FASE 1- Lisi e distaccamento del Biofilm

La lisi dell’alginato, componente principale della matrice extracellulare del biofilm formato da P. aeruginosa, facilita la diffusione di sostanze antimicrobiche suggerendo che la matrice polisaccaridica del biofilm è responsabile della resistenza passiva dei microrganismi agli agenti antimicrobici.

Utilizzare enzimi proteolitici e fibrinolitici (per la formazione del biofilm, è necessaria la fibrina) o agenti chelanti a stomaco vuoto (30/60 minuti prima del pasto o 2 ore dopo) per perforare il biofilm.

Gli enzimi hanno un doppio effetto: decompongono il biofilm ed attaccano la struttura cellulare dell’infezione.

  • Nattochinasi (specialmente utile in presenza di Streptococco. Penetra il tratto gastrointestinale fino ad entrare nel sangue e rompere la fibrina)
  • Serrapeptasi (specialmente utile in presenza di Stafilococco)
  • Lumbrokinase

Gli enzimi digestivi umani generalmente non digeriscono i polisaccaridi dei biofilm, ma gli enzimi batterici che sono in grado, sono disponibili sotto forma di integratori.

E gli enzimi potenzialmente utili includono: emicellulasi, pectinasi, cellulasi, glucoamilasi e beta-glucanasi.

Enzimi proteolitici non-umani (oltre a nattochinasi & co.) come papaina e bromelina possono essere altrettanto validi in soggetti sensibili. Alcuni prodotti validi. Nel caso, ne basta uno tra questi per la fase 1 del protocollo:

Non provate ad assumere enzimi digestivi a stomaco vuoto in presenza di gastrite, se avete una parete intestinale piuttosto irritata o soffrite di altri problemi gastrointestinali seri prima di aver parlato con il vostro medico.

Un’alternativa agli enzimi digestivi è quella di prendere 1-2 cucchiai di aceto o succo di limone con un po’ di acqua circa un’ora prima dei pasti.

L’acido acetico nell’aceto può solubilizzare il calcio, il ferro e il magnesio nel biofilm, rimuovendo quindi questi minerali ed indebolendo il biofilm.

Attenzione con l’aceto però a chi è allergico o intollerante ai lieviti, soprattutto per chi ha problemi di candida.

  • Agente chelante (30/60 minuti prima del pasto, in alternativa agli enzimi):  1/2 cps di Disodium EDTA (per via orale). Poiché il biofilm raccoglie metalli, composti con effetto chelante tenderanno a raccogliersi nel biofilm. Alcuni chelanti, specialmente l’EDTA, sono tossici per i batteri.Per cui un’integrazione di EDTA tende ad avvelenare il biofilm, portando i batteri fuori dal loro rifugio. Attenti però ad utilizzare questi prodotti in caso di leaky gut o permeabilità della barriera sangue-cervello, poiché potreste peggiorare di gran lunga (ed in modo irreversibile) la vostra condizione.
  • Lattoferrina: una molecola del siero del latte, che si lega al ferro ed inibisce la formazione e crescita del biofilm. Maggiormente efficace se assunta a stomaco vuoto ed in presenza di batteri della specie Pseudomonas. Ovviamente da evitare negli intolleranti ed allergici ai latticini. Sulla lattoferrina, la D.ssa Anju Usman, afferma:

Il nostro corpo produce proteine, transferrina e lattoferrina, le quali assorbono il ferro, bloccando la formazione del biofilm.

Ma i batteri patogeni secernono chelatori del ferro per accaparrarsi il ferro e quindi competere con transferrina e lattoferrina per ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere.

Possibili alternative:

  • L’acido citrico legandosi al calcio può disturbare il biofilm
  • NAC (N-Acetil-Cisteina). Può distruggere o inibire il biofilm. Il NAC può dare reazioni avverse, soprattutto in presenza di biofilm ed infezioni fungine. Quindi forse, è meglio evitare, almeno nella prima fase del trattamento.
  • Monolaurina o Lauridicina (AKA Gliceril laurato o glicerolo monolaurato)
  • Xilitolo: è uno zucchero che rompe il biofilm, ed in molti casi di infezione virale od infezione cronica in generale, succede che il biofilm si formi, rendendo difficile al sistema immunitario di liberarsi di ciò che c’è all’interno.Per cui, lo xilitolo scompone il biofilm, facilitando al sistema immunitario il compito di vedersela con i patogeni. Sappiate però che lo xilitolo è un alimento ad alto contenuto di FODMAP. E può causare stati fermentativi e gas in persone con disturbi intestinali.
  • Zeolite – possibilmente “ruba” magnesio, calcio e ferro dalla matrice del biofilm

Evitare integratori a base di ferro, magnesio e calcio  durante il protocollo per il biofilm, perché questi possono contribuire alla formazione del biofilm oppure aumentare la densità del biofilm, diminuendo quindi l’efficacia generale del trattamento.

Biofilm Candida Albicans

Applicazione topica per sinusiti, otiti ed altre infezioni “esterne”

Uno dei possibili approcci per rompere il biofilm è l’applicazione topica (uso esterno) del prodotto. Ecco 3 possibilità.

  • shampoo per bambini della Johnson, che tramite la presenza di agenti tensioattivi ha un effetto terapeutico sul biofilm, favorendo l’eradicazione del biofilm.
  • Zeolite (per la sinusite o otite). Lo xilitolo, nonostante sia uno zucchero, è attivo contro i biofilm, ed è anche uno dei motivi per cui le chewin gum con xilitolo sono diventate così popolari tra i dentisti. In quanto la placca che si forma sui denti è un biofilm, e masticando gomme contenendo xilitolo (al 100% senza edulcoranti aggiunti), questo può aiutare a ridurre la placca.
  • il miele. Sempre ad uso esterno per la rottura del biofilm. In particolare il miele di Manuka che pare avere proprietà battericide contro tutti i ceppi batterici.

FASE 2- Aggredire l’infezione

Valutare l’utilizzo di agenti antimicrobici nautrali (fitoterapici), prodotti omeopatici o antibiotici, da assumere 30/60 minuti dopo la fase 1. Inoltre:

  1. ogni batterio o fungo richiede agenti differenti, e non tutti vanno bene per ogni caso
  2. i migliori benefici possono derivare dalla rotazione di 2-4 agenti al giorno. Questo secondo la teoria che molte delle infezioni possono sviluppare velocemente resistenza ai prodotti.
  3. i sintomi possono peggiorare durante la fase iniziale (prime due settimane)
  • Estratto d’origano
  • Artemisia Asinthum (wormwood extract)
  • Echinacea
  • Neem
  • Estratto d’aglio
  • Olio di Tea tree
  • Uncaria Tomentosa (Unghia di gatto, cat’s claw)
  • Estratto di foglia d’ulivo
  • Acido Laurico
  • Uva Ursina
  • Estratto di mallo di noce nera (black walnut extract)
  • Pau d’arco
  • Estratto di semi di pompelmo
  • Acido Caprilico
  • Violetto di Genziana
  • Baikal skullcap (Scutellaria baicalensis)
  • Berberina (l’Idraste o Goldenseal, da cui può essere estratta la berberina, stimola l’attivazione delle cellule Th1 e può esacerbare certi problemi in soggetti con malattia autoimmune)

Ovviamente, ce ne possono essere molti altri, ma tutto dipende dal tipo di infezione presente. Ed in tutti i modi, bisogna affidarsi alle cure di un professionista preparato sull’argomento.

FASE 3 – Fare Pulizia

Una o due ore dopo la fase 2. Alternativamente, prima di andare a dormire. Assumere un prodotto che supporti la fase di detox ad aiuti ad eliminare le endotossine rilasciate dalla morte dei microbi.

I sintomi da detox a carico del fegato possono peggiorare durante le prime due settimane.

  • Fibra, insolubile e solubile (verdura e frutta)
  • Carbone attivo
  • Pectina
  • Cardo Mariano
  • Radice di Tarassaco
  • Psillio
  • Chitosano
  • Clorella
  • Argilla bentonite
  • Butirrato
  • Coriandolo
  • Germanio organico

FASE 4 – Ripopolare e rafforzare l’intestino

Prima di prendere probiotici, sarebbe sempre bene verificare con un test la situazione della flora batterica, perché provocare la sovraccrescita di ceppi buoni già presenti in abbondanza non è una cosa utile.

Elaine Gottschall, inventrice della Specific Carbohydrate Diet, raccomanda di evitare probiotici contenenti i bifidobatteri, per la loro tendenza di sovraccrescere e formare biofilm. Mentre i probiotici simbiotici creano anch’essi biofilm.

Probiotici da assumere lontano dai pasti, prima di andare a letto. In caso di terapia medica, i probiotici possono diminuire l’efficacia della terapia antibiotica (come nel caso del Blastocisti).

Preferire cibi fermentati come Kefir, crauti e kombucha. Mentre tra gli integratori, due probiotici meritano infine menzione speciale per le loro proprietà.

Escherichia Coli Nissle 1917

L’E. Coli Nissle 1917 (da non confondere coi ceppi tossici come l’E. Coli O157:H7) è, oltre ad alcune specie di lattobacilli, uno dei ceppi probiotici maggiormente studiati.

L’iniziale successo terapeutico fu notato nella gestione delle malattie infettive gastrointestinali e le infezioni a carico del tratto urinario; l’attenzione si spostò successivamente verso le condizioni croniche infiammatorie.

L’E. Coli Nissle 1917 ha effetti benefici in pazienti con sindrome del colon irritabile con microflora enterica alterata (dopo gastroenterocolite o antibiotici). Valido come terapia di mantenimento nella colite ulcerosa.

Protegge la mucosa gastrica contro le erosioni indotte dallo stress a causa di azioni anti-infiammatore e vasodilatatorie.

Studi mostrano risultati positivi quando utilizzato in presenza di morbo di Crohn, sindrome del colon irritabile, enterocolite necrotizzante, ma specialmente nella prevenzione di ricadute in pazienti con colite ulcerosa.

Studi randomizzati e controllati a doppio cieco che comparavano l’efficacia dell’E. Coli Nissle 19179 a quello della mesalazina (utilizzata nel trattamento della RCU) hanno dimostrato che l’E. Coli Nissle 1917 è tanto efficiente quanto la mesalazine nella prevenzione delle ricadute. Da poco è disponibile anche in Italia.

Altrimenti si può provare a coltivare a casa per preparare lo yogurt, secondo le indicazioni della D.ssa Myhill.

Saccharomyces Boulardii

Il S. Boulardii secerne leucina aminopeptidasi che sembra essere di supporto contro le allergie alle proteine della dieta a seguito di gastroenterite acuta.

Aumenta l’assorbimento intestinale di D-glucosio che insieme al sodio può migliorare l’assorbimento di acqua ed elettroliti durante la diarrea.

Aumenta la concentrazione nelle feci  di acidi grassi a catena corta che nutrono le cellule mucosali del colon. Modula l’immunità incrementando la secrezione di IgA ed aumentando i recettori Ig delle cellule cripte.

Inibisce le citochine infiammatorie e secerne un fattore che blocca l’attività della tossina A di C. difficile.

Ha un effetto antagonista contro i filamenti della Candida e la formazione del biofilm. Utile se associato alla terapia antibiotica per la diarrea, sindrome del colon irritabile, infezione da Blastocystis Hominis e Giardia.

Il ceppo migliore di S. Boulardii è il Saccharomyces cerevisiae var. boulardii Hansen CBS 5926. Quello della Codex, acquistabile in farmacia lo contiene, ed è uno dei migliori sul mercato.

Dopo 4 settimane di distanza dalla fine del trattamento, rifare test per verificare l’efficacia della terapia e la totale eradicazione dell’infezione.

Un’ultima cosa.

Qualsiasi trattamento vogliate intraprendere, senza porre attenzione alla dieta, non servirà assolutamente a niente. Mettetevelo bene in testa.

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Bibliografia Libri: 1 , 2 , 3 , 4

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Microbioma intestinale: la mia flora batterica dopo 6 antibiotici

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E’ passato oltre un anno dall’ultimo articolo pubblicato (che vergogna). Quindi prima di partire, riprendiamo il filo da dove avevamo interrotto.

Eravamo rimasti con la diagnosi di infezione da blastocisti ed una terapia in corso a base di olio di origano.

Terapia che non ha eradicato l’infezione ed a cui sono seguiti altri tentativi (andati a vuoto) con antibiotici naturali a base di:

  • Acido Caprilicocapsule
  • Estratto d’Aglio
  • Estratto di Foglia d’Ulivo
  • Artemisia
  • Estratto di Mallo di Noce Nera
  • Berberina
  • Estratto di Semi di pompelmo
  • Tintura di Takuna
  • Argento Colloidale

E forse qualcos’altro che adesso non ricordo.

Quindi, dopo una notevole sensazione di sgomento, ho deciso di passare alle maniere forti. E procedere con gli antibiotici veri propri.

Whuuuuaaaaaa, i “temibilissimi” antibiotici…

Piccola premessa.


Ritrovare batteri “inconsueti” con i classici test delle feci è una missione piuttosto ostica.
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Ma se avvertite tutta una serie di sintomi e vi sottoponete ad un test in grado di effettuate uno screening approfondito fino alla diagnosi di Blastocisti, allora avete superato solo il primo ostacolo.

Infatti, questo batterio è difficilmente diagnosticabile. Nel senso che, anche quando viene individuato tramite esami ad hoc, nella gran parte dei casi, i medici si comportano generalmente così:

  1. o lo ignorano perché non lo conoscono
  2. o lo ignorano perché ritengono sia un batterio non-patogeno

E questo è il secondo ostacolo.

Infine, se riuscite a convincere il vostro medico che quel batterio sia la causa dei vostri mali, ora non resta che azzeccare la terapia giusta.

O comunque la migliore disponibile. E non è un’impresa da poco.

Vi invito a fare un giro su qualche forum internazionale per capire di cosa sto parlando e leggere storie allucinanti a riguardo.

1 (1)Ovviamente questo batterio (come molti altri), non ha sempre tutte le colpe. Anzi, molto spesso vive in armonia all’interno di un microbiota ricco di differenti colonie ed un intestino sanissimo.

Ma non è sempre questo il caso.

E ora che si fa?

Ma, torniamo alla cura. Dalle mie ricerche, uno dei più ferrati al mondo sull’argomento è il Dr. Thomas Borody, che vive e lavora a Sydney. Comodo, no?

E’ stato uno dei primi ad individuare questo batterio come responsabile di molte problematiche ad a curarlo con una serie di cocktail antibiotici da lui stesso sperimentati.

E’ anche stato il primo ad applicare con successo la terapia del trapianto fecale agli inizi del 2000 ai pazienti con malattie croniche intestinali. Insomma, uno che qualcosa dovrebbe capirci.

La terapia per il blastocisti messa a punto da Borody consisteva nella somministrazione di 3 antibiotici. Uno disponibile in Italia, mentre gli altri due no.

2 (1)Tuttavia all’epoca (Novembre 2014), prima di prendere contatto con il Dr. Borody, trovai in Europa il Dr Apelles Econs presso la Thames Clinic di Londra, una sorta di alter ego europeo, specializzato nella cura di infezioni intestinali. Ed in grado di stabilire se i sintomi potessero dipendere dal blastocisti e l’infezione curabile con i 3 antibiotici.

Così fisso la consulenza su Skype con Mr Econs.

Australia o Europa?

Ci vediamo online 4 giorni dopo e in 15 minuti sbrighiamo la faccenda. Sono stati sufficienti a raccogliere le informazioni di cui avevo bisogno. Decido comunque di ordinare gli antibiotici direttamente in Australia.

Non perché non mi fidassi del Dr. Econs, ma solo perché al cambio, il dollaro Australiano era molto più favorevole della sterlina. Al momento però, mi risulta che dall’Australia abbiano sospeso le spedizioni internazionali in quanto non più in grado di soddisfare l’ eccesso di richieste. Ma se siete interessati, informatevi direttamente.

La mia ultima cura antibiotica risaliva al 1998, anno in cui dovetti subire un intervento chirurgico. Questo per dire che non era la mia scelta preferita e ne avrei fatto volentieri a meno.

E nel prosieguo dell’articolo, capirete perché.

Ma in certi casi è più che opportuno liberarsi di dogmi ed incrollabili certezze ed optare per soluzioni più drastiche.

Anche perché, passare mesi ad ingurgitare rimedi “naturali” a base di piante officinali e composti vari credete che sia senza conseguenze?

Se lo pensate, vi state sbagliando.

3-pastiglieIn quanto le piante sono dotate di sostanze per l’autodifesa in natura (non essere mangiate dai predatori). E quelle sostanze, in dosi molto concentrate, possono avere un effetto piuttosto aggressivo.

E soprattutto, come gli antibiotici, non sono in grado di distinguere tra un batterio sano ed uno patogeno. Per cui fanno incetta di tutto ciò che incontrano sul loro cammino.

A questo punto, siete ancora convinti che gli antibiotici siano il male assoluto e l’olio d’origano un composto innocuo che fa ciuff-ciuff prima di passare?

Meglio l’Australia!

Quindi contatto il Dr. Borody presso la CDD di Sydney in Australia per farmi prescrivere il suo cocktail di 3 antibiotici messo a punto per l’eradicazione del blastocisti.

Il consulto è avvenuto a mezzo e-mail, dopo avergli inviato esami e documentazione varia, con il tutto avallato dal medico in Italia con una serie di documenti necessari per attivare la cosa.

Poi pagamento (ammazza!) e ordine dei farmaci. Fin qui tutto bene.

Almeno fino a quando il pacco non è arrivato alla dogana di Linate. Dopo circa 15 giorni dalla spedizione, vengo contattato (tramite il corriere) per avere conferma se il pacco contenesse farmaci o integratori.

Avrei potuto mentire e forse avrei evitato la trafila. Forse. Ma sono onesto io!!! O pirla?

Quindi mi è arrivata una sfilza di documenti via e-mail da compilare e produrre per sbloccare la merce.

Detto tra noi, due grandissime palle, tra ricette e fogli di ogni tipo da inviare. Alla fine ce l’ho fatta e il tanto agognato pacco è arrivato a casa.

Senza un medico in famiglia e con le poche forze rimaste, dubito sarei riuscito a fare il tutto, con chiavette usb che mi remavano contro e stampanti che non ne volevano sapere di stampare.

antibioticiE’ arrivato il pacco!

Un venerdì mattina suona il corriere che riconosco al volo. Come tutti i corrieri ha sempre fretta e scampanella vigorosamente per 3-4 volte consecutivamente. Io mi stavo ancora riprendendo.

Ma dopo qualche bestemmia interiore, aver indossato la prima roba che ho trovato nella stanza ed inforcato gli occhiali da sole, mi alzo ed ecco la gradita sorpresa.

Ma si può bramare così tanto un pacco di farmaci? Mah..

Lettura veloce delle modalità di somministrazione che comunque avevo già mandato a memoria e via a buttar giù pillole. Otto al giorno per 10 giorni.

Il cocktail include:

  • 3-pasticcheSecnidazole
  • Diloxanide Furoate
  • Bactrim

(da notare che ad oggi quel cocktail è variato. Si aggiorna spesso a seconda dell’efficacia che il Dr. Borody sperimenta continuamente nella sua pratica. Bravo lui!).

A parte qualche fastidio iniziale (e tanta pipì fluorescente), la terapia è andata giù liscia.

Ho letto da più parti che varie persone hanno difficoltà tali da dover interrompere la cura dopo pochi giorni. Tra le tante sfighe, questa non mi è toccata.

Durante gli ultimi giorni della terapia, mi sento piuttosto bene. E questo benessere prosegue per circa una settimana dalla fine della terapia. Comincio ad essere ottimista. Ma l’entusiasmo si smorza velocemente quando i vecchi sintomi ritornano prepotenti.

Quindi butto giù qualche nuova pillola di olio di origano (l’unico che mi dava un po’ di sollievo) e nei momenti di maggiore frustrazione qualche capsula di Bactrim avanzata. Ma con pochissima soddisfazione.

La cosa va avanti per circa 3 mesi. Poi, avvilito e demoralizzato, mi documento ancora un po’ e prendo contatto con il Dr. Froomes a Melbourne. Froomes è stato l’allievo di Borody (quello di cui sopra).

Non è un’impresa da poco.

Contattarlo è estremamente complicato.

Primo perché i contatti e-mail riportati nel suo sito non funzionano. Ma allo stesso tempo, quando invii un messaggio, non torna indietro alcuna notifica di errore. Secondo per il fuso orario.

Invio circa 10 e-mail, senza ottenere risposta. Quindi, anche se avrei potuto sospettarlo un po’ prima, comincio a pensare che non leggano le e-mail.

Chiamo quindi l’ospedale privato dove finalmente riesco a parlare con una sua assistente (l’ottima Danielle) e prendere appuntamento telefonico con il dottore.

Quindi tutto facile dirai, no? Non proprio.

Una telefonata può salvarti la vita, forse.

L’appuntamento è fissato alle 4 del mattino in Italia. E anche se non ho un sonno solidissimo, alle 4 del mattino preferisco non stare al telefono con uno sconosciuto a 15.000 km di distanza che mi vuole fare una colonscopia. Per di più, a pagamento.

Al primo tentativo, punto la sveglia e con grande fatica riesco ad alzarmi. Quindi arriva la telefonata dell’assistente che mi preannuncia il colloquio e mi chiede di attendere.

Dopo circa 5 minuti di attesa, mentre provo a restare sveglio guardando la replica di Mai dire Gol sul canale 35 del DT, torna e mi dice che il dottore è un po’ in ritardo.

Mi chiede se preferisco restare in linea o essere richiamato. Con la poco lucidità dell’ora, bofonchio qualcosa tipo: “yes, please call me back”.. della serie, richiamami.. (porca putt.. ma questo non gliel’ho detto).

Dopo un’ora, mi chiama di nuovo, informandomi che il dottore non è ancora disponibile e mi chiede se voglio aspettare ancora o rimandare a domani. Nel dubbio, riproviamo domani alla stessa ora.

Chi è Stanlio o il Dr Froomes?

La notte seguente, finalmente sento il dottore che esordisce al telefono come uno Stanlio qualsiasi con un: “Buongiorno, come stai?“.

Niente di trascendentale ma pur sempre un piccolo segnale di empatia con uno sconosciuto che ti contatta nel cuore della notte dall’altro capo del mondo.

Venti minuti di conversazione fitta al telefono, dove gli faccio mille domande e ascolto le sue risposte chirurgiche (è il caso di dirlo) con l’entusiasmo di un bambino che finalmente ascolta quello che vorrebbe sentirsi dire, mentre zampetta semi-nudo sul tappeto di camera.

Quindi, dopo le convincenti parole del medico, decido che sarei andato a Melbourne per il trattamento di li a poco. Infatti, prima di chiudere, mi passa la segretaria per l’appuntamento, che sarà appunto il 27 Novembre presso l’Essendon Hospital di Melbourne.

E si torna a dormire, nonostante l’entusiasmo.

Organizzati!

Il giorno seguente comincio a studiare la documentazione ricevuta, prenotare aerei, alberghi e rispolverare l’abbigliamento estivo, visto che a Melbourne ci saranno 30 gradi.

Una settimana prima della partenza effettuo nuovamente un test per verificare la presenza dell’infezione.

Il kit era nella mia stanza da tempo, un po’ impolverato sopra la libreria, ma non avevo ancora avuto il coraggio di farlo, all’idea del possibile risultato e l’imminente partenza per l’Australia.

Comunque alla fine faccio il test e spedisco il tutto al laboratorio in Olanda. Dopo pochi giorni, ricevo l’e-mail con i risultati allegati.

pokerCon un certo nervosismo leggo il messaggio, apro l’allegato e chiudo gli occhi. Poi prendo un foglio e copro lo schermo.

Quindi scendo lentamente, spizzando il risultato come un abile giocatore di poker e non capisco se:

  • dovrei essere felice se il risultato è negativo (il blastocisti non c’è più)
  • dovrei essere incavolato se il risultato è negativo, perché comunque la partenza è tra due giorni ed ho già organizzato tutto (e pagato tutto)
  • dovrei essere incavolato se è negativo perché se anche non c’è più l’infezione, io mi sento uguale a prima
  • dovrei essere incavolato se è positivo, perché tutti i tentativi precedenti non sono ancora andati a buon fine
  • dovrei essere felice e basta, a prescindere dal risultato. E invece non lo sono.

Comunque, alla fine, il risultato è positivo. Cioè, il blastocisti è ancora presente.

blasto-nove-2014

In effetti non sono triste, né felice per il risultato, ma in qualche modo sollevato. Forse non dovrei esserlo, ma hai presente quando ti convinci, a torto o ragione, che devi fare una cosa per forza perché è sicuramente quella giusta?

Ecco, avevo quella sensazione li, circa il mio viaggio in Australia.

E se il risultato fosse stato negativo (blastocisti eliminato), sarebbe stato “saggio” fare millemila chilometri per farsi sganciare una bomba atomica nell’intestino?

Molto probabilmente no.

Ma visto che non è stato questo il caso, il problema non si è effettivamente posto.

Le due settimane passano in fretta e sono pronto a partire.

Si parte per davvero!

E’ il giorno della partenza e c’è grande entusiasmo. Un po’ come quando dopo un anno di lavoro, si parte per due settimane di vacanze ai Caraibi.

Viaggio lungo con scalo a Doha, ed arrivato a destinazione, quando metto la capoccia fuori dall’aereo ancora con la felpa in dosso, avverto un caldo porco che mi avvolge. Allora mi tolgo la maglia, ma non potendomi levare anche i pantaloni, soffro a metà. Amen

Taxi, albergo, doccia e nanna. Dopo aver racimolato una pessima insalata nell’unico locale aperto alle 2 di notte non lontano dall’hotel.

Dentro quell’insalata c’era di tutto, ma non me ne curai eccessivamente, visto il trattamento non propriamente light a cui mi sarei sottoposto entro 36 ore.

Una insolita porta-frigo nel centro di Melbourne. Gente pratica, gli Australiani!

Una insolita porta-frigo nel centro di Melbourne. Gente pratica, gli Australiani!

Il mattino seguente (il giorno prima della terapia) di ritorno da un giro un città, incontro un tassista che mi riporta in albergo.

Si chiama Alex ed è dello Sri Lanka.

Parlando un po’ mi racconta che prima di venire a Melbourne ha vissuto per 2 anni a Palermo. Lavorando presso un notaio.

Parla perfettamente italiano, e durante il suo lavoro, ascolta ininterrottamente le telecronache in differita delle partite di calcio del Palermo.

Il giorno dopo si “offre” di accompagnarmi in ospedale. E’ una persona molto premurosa. Tant’è che mi chiama alle 6.30 del mattino per assicurarsi che io sia sveglio.

Poi mi accoglie in taxi, anche quella mattina, con la radio sintonizzata sulla radiocronaca di una partita del Palermo.

Giunto in ospedale la segretaria alla reception mi saluta con grande giovialità e mi aiuta a completare le pratiche burocratiche, nonostante il suo computer si impalli continuamente (del resto non è un Mac, ma un vecchio e bruttissimo PC).

Nel frattempo mi racconta un po’ dei fatti suoi e che suo marito è italiano, precisamente di Reggio Calabria.

Ci siamo!

Dopo vari passaggi, arrivo nell’anticamera della sala operativa, già in tenuta da combattimento, dove l’infermiera raccoglie le ultime informazioni e completa i vari check-up.

Visto che ho il battito cardiaco a 105 mentre sono disteso (non tanto per il nervosismo – che comunque c’era, ma quando non dormo ho costantemente palpitazioni) cerca di intrattenermi.

Anche lei con marito di Reggio Calabria che lavora in una fattoria che produce salumi. Quindi prende il suo telefonino e mi mostra le foto di suo marito con due prede in mano appena catturate (2 conigli!), il forno a legna dove fanno il pane ed i maiali che sacrificano per la produzione dei vari salumi.

Mi invita poi a tornare in Australia e lavorare per 3 mesi in una delle 23 fattorie della catena. Humm, ci sto

Eureka Tower, il grattacielo più alto di Melbourne (14esimo al mondo) con 278 metri. La vista dall'altro niente di speciale, tranne un po' di vertigini di cui io soffro.

Eureka Tower, il grattacielo più alto di Melbourne (14esimo al mondo) con 278 metri.

ancora pensando se continuare con il web marketing oppure andare a zappare la terra 😉

Dopo poco arriva Andrew, l’anestesista, che mi pone qualche domanda per assicurarsi che non schiatterò durante la sedazione e siamo pronti. L’infermiera trasporta il mio lettino nella sala per il trattamento.

Tipiche luci da sala operatoria, il Dr Froomes che dopo i primi effetti dell’anestesia, mi sembra vestito più che da gastroenterologo da militare in tenuta anti-sommossa, con visiera, e “pistola” per la colonscopia. Ma la preoccupazione dura poco prima di cadere in un dolce e pesante ronf-ronf.

Dopo circa 15-20 minuti, il risveglio.

Nel frattempo, tramite colonscopia ho ricevuto, i seguenti antibiotici:

  • Furazolidone
  • Secnidazole
  • Nitaxozanide

Ed il primo dei due trapianti fecali.

Se vuoi sapere come sono andati i trapianti fecali, come sono stati fatti e come mi sono sentito, prima durante e dopo, clicca qui.

Quindi vengo trasferito in una camera mentre mi riprendo e mi viene somministrato il test per l’Helicobacter Pylori, che almeno è negativo.

Dopo qualche ora sono pronto a rientrare alla base. Questa volta non chiamo il tassista fidato Alex, sia perché non mi fa risparmiare neppure un dollaro sia perché di ascoltare un’altra radiocronaca del Palermo non ne ho assolutamente voglia.

E’ come se un americano venisse in Italia ed ogni volta che lo accompagno in auto lo costringo ad ascoltare la radiocronaca NBA dei Sacramento Kings giocata un mese fa.

Quanto pensi che gliene potrà fottere? Te lo dico io, assolutamente niente.

Pinguini-acquario-Melbourne

I poveri pinguini dell’Acquario di Melbourne. Loro mi guardavano costernati ed increduli.

Un po’ di relax

Resto ancora qualche giorno a Melbourne, tra cui una mezza giornata trascorsa all’interno del Sea Life Aquarium (cioè, l’acquario) ad osservare pinguini. Tra la stupore per la meraviglia di queste buffe creature e la malinconia nel vederli stipati ed ingabbiati in una teca di vetro ad uso e consumo della nostra specie umana così evoluta.

Si torna a casa.

Giunge poi la volta del rientro.

Arrivo a casa, stremato. Come se avessi guidato io per 15.000 km. Ovviamente già immagino la mia nuova vita, senza più tribolazioni, con notti di sonno perfette, grande energia durante il giorno, e qualche cibo in più da aggiungere alla mia lista fatta di pochi alimenti per limitare i danni.

Ma non va proprio così.

Certamente ci sono dei segnali incoraggianti, ad esempio gli sfoghi cutanei che apparivano spesso se ne vanno immediatamente, e ad oggi non ne ho più avuti, anche ampliando notevolmente la mia dieta.

Ma oltre questo, gli altri segnali sono piuttosto deboli e tutt’altro che promettenti.

Già mi vedo disperato e frustrato per l’ennesimo tentativo andato a vuoto.

Ma prima di prendere decisioni estreme come il suicidio, decido di attendere ancora un po’. E faccio bene.

Perché all’incirca un mese dopo il rientro, le cose iniziano a migliorare. Comincio a reintrodurre cibi che avevo escluso per i fastidi procurati, finalmente senza le solite insopportabili reazioni.

Per darvi un’idea, se fino a poche settimane prima, avessi consumato certi cibi (e non stiamo parlando di glutine e latticini), come che so, un fetta di manzo o un pezzo di anguria, sarei stato per 2 (sì, due) giorni consecutivi steso a letto con la faccia di una zebra a poix per la dermatite. Mal di pancia, insonnia e a digiuno.

Quindi le cose hanno iniziato a procedere speditamente.

Solo dopo i primi miglioramenti, decido di fare nuovamente il test, per verificare che il blastocisti non ci sia effettivamente più. Il nuovo test lo avevo ordinato giusto prima di partire per l’Australia. Dopo due mesi dal mio rientro, ho fatto il test.

E qui sotto il risultato. N-E-G-A-T-I-V-E.

E il blastocisti non c'è più. Anche perché dopo 30.000 km di viaggio, tornare ancora una volta con le pive nel sacco, non sarebbe stato divertente.

E il blastocisti non c’è più. Anche perché dopo 30.000 km di viaggio, tornare ancora una volta con le pive nel sacco, non sarebbe stato divertente.

Come sempre non è tutto, e sono successe molte altre cose, che ti racconterò prossimamente. Ma non preoccuparti, non trascorrerà un altro anno senza aggiornamenti.

Ed ora passiamo alle cose serie 😉

Ma prima di procedere, vediamo bene il significato di queste due parole, che nomineremo spesso, e di cui ignoravo l’esistenza fino a poco tempo fa mentre oggi sono ormai entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano.

Chi, ogni sera, seduto sul divano di casa con la propria partner, non discetta di microbiota e microbioma intestinale? Dai..

MICROBIOTA: tutti i microrganismi che vivono in un ambiente particolare, come ad esempio, il corpo umano.

MICROBIOMA: l’intera raccolta di geni in tutti i microbi che risiedono in una nicchia ambientale

La differenza è sottile da far diventare questi due termini quasi come due sinonimi.


Ci sono più microbi presenti nella nostra mano che abitanti in tutto il mondo.
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A cosa servono i batteri?

Secondo il Dr. Gregory Albers della University of California, i possibili disturbi associati ad un microbioma alterato sono:

Gastrointestinali
  • Ricaduta di infezioni da C. Difficile
  • Sovracrescita batterica
  • Sindrome del colon irritabile
  • Fegato grasso
  • Diarrea cronica
  • Costipazione cronica
  • Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa
  • Encefalopatia epatica
  • Tumore al Colon
  • Calcoli alla cistifellea
  • Tumore Gastrico
  • Linfoma gastrico

Extra-Intestinali
  • Malattie autoimmuni
  • Asma
  • Allergie
  • Autismo
  • Stanchezza Cronica (CFS)
  • Insulino Resistenza
  • Diabete
  • Obesità
  • Iperlipidemia
  • Malattie Coronariche
  • Sclerosi Multipla
  • Depressione, Stress, Ansia

Senza microbi, non potremmo mangiare né respirare. Mentre in nostra assenza, i microbi sopravviverebbero tranquillamente.

Capito chi comanda?

L’alleanza di ogni persona con i microbi comincia con la nascita. Sebbene nell’utero siamo in un ambiente sterile, non appena nasciamo, i microbi colonizzano rapidamente l’habitat del neonato.

Questi microbi provengono dalla nostra madre, dagli amici, i familiari e l’ambiente. Come affermato dal biologo Stan Fallow:


“Il mondo è ricoperto da una patina di merda”
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O se preferite, da una patina di batteri.

Per cui, se avete figli, la prossima volta che il vostro bimbo si infila qualche nuovo oggetto in bocca, a meno che non rischi di soffocarsi, anziché scapicollarsi a toglierlo e pulirlo con l’amuchina, considerate come la patina batterica stia fornendo microbi importanti per aiutarlo nella formazione del suo microbiota.

Come la vita procede, le nostre comunità microbiche residenti si formano attraverso fattori come la nascita (parto naturale o taglio cesareo), se veniamo allattati al seno o con formule artificiali, quanto spesso assumiamo antibiotici, se possediamo un animale domestico e dal cibo che ingeriamo.

Ognuno di noi dispone quindi di un microbiota unico come le impronte digitali, che definisce la nostra predisposizione a differenti malattie.

Il microbiota può funzionare male e contribuire allo sviluppo di patologie e disturbi come l’obesità, che un tempo, si pensava fosse dovuta esclusivamente al nostro stile di vita.

3 (1)Una delle meraviglie del microbiota intestinale è la velocità con cui questo cambia a seconda delle modifiche che apportiamo alla nostra dieta. I batteri nell’intestino si dividono rapidamente, e sono in grado di raddoppiare ogni 30-40 minuti. Le specie che proliferano con i cibi che mangiamo possono aumentare molto velocemente.

In ogni caso, le specie che hanno bisogno di un certo cibo e che non sono parte della nostra dieta, possono diventare “emarginate”, relegate a sopravvivere del muco intestinale o, nei casi più estremi, estinguersi.

Noi siamo il nostro microbiota

Il tuo microbioma può definire la tua capacità di degradare un certo tipo di carboidrati che il microbiota di un’altra persona non può fare.

Per esempio, certi Giapponesi ospitano un batterio intestinale che consuma alghe, e che è solitamente assente nel microbiota degli Occidentali. Siccome le alghe compongono la dieta Giapponese in gran parte, il loro microbiota si è evoluto in modo da utilizzare questa fonte di cibo onnipresente.

Tu, come sei nato?

Studi multipli hanno comparato la differenza tra i bambini nati tramite parto cesareo e quelli nati tramite parto naturale.

Oltre a comparare le caratteristiche dominanti del microbioma di questi due gruppi, hanno esaminato le implicazioni di salute associate e raggiunto molte conclusioni allarmanti.

Questi studi hanno dimostrato che esiste una chiara correlazione tra ciò che colonizza l’intestino di un bambino e ciò che si trova nel canale vaginale della madre.

Un bambino che nasce con parto naturale viene “contaminato” dai batteri del canale vaginale e anale della madre.

Il passaggio dal canale vaginale contenente microbi, combinato alla compressione del colon distale della madre durante la nascita espone il bambino ad una quantità abbondante di batteri del microbiota della madre.

Una ricerca particolarmente interessante condotta da un team di studiosi nel 2010 ha rivelato che sequenziando i geni del profilo batterico della madre e del figlio, i neonati con parto naturale avevano colonie batteriche molto simili a quelle del micriobioma vaginale della4 (1) madre, dominato da Lattobacilli benefici, mentre i neonati con cesareo ottenevano colonie simili a quelle che si trovano sulla superficie della pelle, dominati da abbondanti e potenzialmente pericolose colonie di stafilococco.

I bambini nati con parto cesareo hanno un primo incontro coi batteri, molto diverso da chi nasce con parto naturale. In questo caso, il primo contatto con i batteri avviene tramite la pelle – non esattamente il modo a cui la natura ha pensato.

Diversamente dal parto naturale, i figli nati con cesareo non ricevono microbi della pelle specifici della madre. Il microbiota di bambini cesarei tende a contenere in numero maggiore un tipo di batteri chiamato proteobatteri ed un numero inferiore di bifidobatteri rispetto ai bambini nati con parto naturale – una composizione non ideale.

Il Dr. Rob Knight di Colorado University ha commentato:

I bambini nati con parto cesareo o allattati artificialmente possono essere a rischio di una varietà di condizioni una volta raggiunta l’età adulta; entrambe le situazioni alterano il microbiota intestinale in neonati sani, che potrebbe essere il meccanismo che fa aumentare il rischio.

Microbiota e coliche nei neonati

Esiste una sempre più ampia evidenza scientifica che il microbiota intestinale possa avere un ruolo nello sviluppo e la severità delle coliche nei neonati.

Un gruppo di scienziati in Olanda guidato da Willem de Vos ha esaminato il microbiota di 24 neonati, durante i primi 100 giorni di vita: metà dei 24, soffriva di coliche, metà no.

Da notare che i neonati che soffrivano di coliche avevano un maggior numero di proteobatteri nell’intestino e un minor numero di bifidobatteri e lattobacilli, un ecosistema simile ai neonati nati con cesareo e bambini alimentati con latte artificiale.

I tuoi geni non sono il tuo destino.

Mentre non c’è niente che possiamo fare per cambiare il nostro genoma, il nostro microbioma offre l’opportunità di esercitare un controllo sulla parte genetica.

5Modifiche al nostro microbioma non possono incidere sul colore dei nostri occhi, o la forma del nostro naso (peccato!), ma su molti aspetti della nostra biologia, come il nostro peso ed il nostro sistema immunitario che sono fortemente influenzati dai nostri microbi intestinali.

Qualcuno potrebbe ritenere che la composizione del nostro microbiota potrebbe essere predestinata, in un modo, dal nostro genoma. I nostri geni creano l’ambiente intestinale abitato da questi microbi.

Forse, i microbi che ci risiedono sono in gran parte un prodotto di certi geni che ereditiamo alla nascita, rendendo la composizione del nostro microbiota una missione del fato.

Se questo fosse il caso, gemelli identici dovrebbero avere un microbiota molto simile rispetto a due fratelli gemelli. Ma di fatto, non è questo il caso.

L’ambiente gioca un ruolo importante nella raccolta dei nostri batteri.

Visto che c’è molto che possiamo fare per dare forma all’ambiente intestinale, abbiamo un potere sul nostro microbiota e possiamo compensare la mancanza di controllo che abbiamo sui nostri geni.

9Il nostro microbioma contiene 100 volte più geni del nostro genoma, per cui c’è un 99% di materiale genetico associato che abbiamo il potenziale di modificare a nostro vantaggio.

L’intestino: è il primo o il secondo cervello?

“I neuroni nell’intestino sono così tanti che molti scienziati hanno denominato l’insieme di questi neuroni (più di 100 milioni): il 2° cervello.”

Non solo è un secondo cervello che regola la muscolatura, le cellule immunitarie e gli ormoni, ma produce anche qualcosa di molto importante.

I segnali vanno direttamente al cervello, ma queste cellule nervose possono anche sentire cosa sta succedendo nell’intestino, se ad esempio siamo gonfi o costipati.

Un’ampia rete di terminazioni nervose nella parete intestinale invia segnali direttamente al cervello attraverso il nervo vago.

6Questi neuroni, parte del sistema nervoso enterico, hanno un contatto regolare con i batteri nell’intestino. La comunicazione è piuttosto fitta. Ed una delle cose più interessanti di queste interazioni cervello-intestino è che l’intestino contiene le cellule che producono circa l’80-90%  di serotonina, la quale è coinvolta, tra le altre cose, nella regolazione dell’apprendimento, l’umore ed il sonno.

Ovvero, il “cervello intestinaleproduce più serotoninala molecola della felicitàdel cervello che abita la nostra testolina.

Molti neurologi e psichiatri stanno capendo che questa possa essere la ragione per cui gli antidepressivi sono spesso meno efficaci della dieta nel trattamento della depressione.

Pensate quindi a come un flora intestinale disbiotica possa ridurre la produzione di serotonina, e quindi alterare il nostro umore, il nostro sonno e la nostra capacità di apprendimento.

Io ne so qualcosa.

E le ultime ricerche stanno rivelando che il nostro secondo cervello potrebbe non essere secondo per niente secondo.

Può agire in modo indipendente dal cervello principale e controllare molte funzioni senza l’input o l’aiuto del cervello.

Il trapianto di personalità  (Roberto Benigni vs Woody Allen)

I trapianti di microbiota possono conferire caratteristiche fisiche dal donatore al ricevente.

Il trapianto di un microbiota di un topo obeso ad un topo magro fa sì che quest’ultimo aumenti di peso; allo stesso modo, un microbiota di un topo magro protegge il ricevente dall’aumentare di peso.

Ma se il microbiota può influenzare la funzione cerebrale, potrebbero i batteri trapianti modificare l’umore e la personalità di una persona?


Potrebbe un microbiota “felice” essere utilizzato per combattere la depressione?
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Nel 2011, un gruppo di ricerca presso la McMaster University in Ontario, Canada, ha provato a verificare se i microbi intestinali potessero trasferire i tipi di personalità nello stesso modo in cui trasferiscono certe caratteristiche fisiche.

Gli scienziati stavano lavorando con 2 diverse specie di topi da laboratorio. Una, chiamata Balb/c, più ansiosa e rinominata “Woody Allen”. L’altra, chiamata NIH Swis, simile a Roberto Benigni, estroversa in natura.

Per definire quanto questi topi fossero nervosi ed estroversi, gli scienziati posizionarono i topi su una piattaforma elevata e registrarono il tempo necessario affinché i topi scendessero.

Un tempo maggiore per scendere dalla piattaforma indicava che i topi stessero vivendo stati di nervosismo circa la loro situazione precaria. Più sicuro il topo, più veloce la discesa.

I topi Woody Allen impiegarono una media di quattro minuti e mezzo, scendendo cautamente dalla piattaforma. I topi Roberto Benigni saltarono giù in pochi secondi.

Poi, gli scienziati trasferirono il microbiota intestinale dei topini Benigni nei topini Woody Allen e viceversa per poi ripetere il test della piattaforma.

7A microbiota invertiti, i topi Benigni che precedentemente sembravano così sicuri sulla piattaforma ora impiegarono più di un minuto per scendere dalla piattaforma. Mentre i topini Woody Allen, che precedentemente risultavano intimoriti, ridussero il tempo di discesa da 4 minuti e mezzo a poco più di un minuto.

Per cui, trapiantando il microbiota dei topi del gruppo 1 nel gruppo 2 e viceversa, il livello di ansia e del comportamento conseguente poteva essere alterato a seconda dei batteri presenti nell’intestino.

I ricercatori scoprirono che i trapianti di microbiota riguardavano i livelli del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) nell’ippocampo. Il BDNF è una proteina la cui funzione è stata connessa a malattie come la depressione, schizofrenia e disordini ossessivo-compulsivi. Bassi livelli di BDNF nell’ippocampo sono associati ad ansia e depressione.

Dopo aver ricevuto il microbiota dei topini Woody Allen, il gruppo dei topi Benigni non solo divenne più temerario, ma mostrò anche un cambiamento evidente nella loro chimica cerebrale.

Chi comanda: cervello o microbiota?

8La comunicazione tra il cervello ed i microbi nell’intestino è bi-direzionale. Non solo può il microbiota può influenzare cose come l’umore e la memoria, ma il cervello può anche avere un impatto nel modo in cui i microbi vivono nell’intestino.

Se induciamo stress o depressione in un animale da laboratorio sottraendolo alla madre, la composizione del suo microbiota cambia.

Come questa accada, nessuna al momento lo sa.

Intestino ed emozioni

Un team di ricercatori di UCLA ha condotto un piccolo esperimento pubblicato nel 2013, che mostrava le prime evidenze del fatto che batteri sani ingeriti attraverso il cibo possono condizionare la funzione cerebrale nelle persone.

Sebbene si trattasse di un piccolo studio, questo ha generato una discussione a riguardo nella comunità scientifica poiché dimostrò come dei piccoli cambiamenti nella flora intestinale modificassero la percezione del mondo in una persona.

Trentasei donne furono suddivise in 3 gruppi:

  1. il primo gruppo consumò, 2 volte al giorno per 4 settimane, un mix di yogurt contenente vari proibitici;
  2. il secondo gruppo consumo prodotti caseari al sapore di yogurt ma senza alcun probiotico;
  3. il terzo gruppo non consumò alcun prodotto specifico;

All’inizio dello studio ogni partecipante effettuò un Imaging a risonanza magnetica (MRI) del cervello che poi venne ripetuto alla fine dello studio.

Invece di valutare la struttura del cervello, l’MRI valuta l’attività cerebrale in modo che i ricercatori possano determinare quali aree del cervello siano attive e quanto lo siano in precisi momenti della giornata.

In questo modo i neurologi osservarono questa “attività” – chiamata “eccitabilità” – ovvero il modo in cui il cervello risponde agli stimoli o i cambiamenti nell’ambiente.

Alla fine della quarta settimana, ai partecipanti furono mostrate delle immagini che inducessero una risposta emotiva. Nello specifico, i partecipanti allo studio videro una serie di immagini di persone arrabbiate o impaurite.

I risultati furono molto interessanti.

  • Le donne che avevano mangiato lo yogurt contenente probiotici mostrarono un’attività ridotta nella corteccia somatosensoriale ed insulare durante la fase di reattività emozionale. Le donne sottopostesi alla ricerca mostrarono anche minore attività, o eccitabilità, nella regione del cervello collegata alla emozioni, la cognizione e l’elaborazione delle sensazioni.
  • Le donne appartenenti agli altri 2 gruppi, mostrarono invece un’attività stabile o aumentata della regione cerebrale, indicando che erano di fatto emozionalmente toccate o disturbate dalle immagini.

Interessante, eh?

Test uBiome

Prima di partire per l’Australia decido di ordinare il kit di uBiome per l’analisi dei batteri che abitano il mio intestino. Voglio fare il test al mio rientro, per vedere la situazione dopo gli antibiotici ed il trapianto fecale.

uBiome-kit

E così faccio. Scopro che dopo un qualsiasi trattamento antibiotici è opportuno attendere almeno 13 giorni prima di fare il test, al fine di avere un microbioma sufficientemente stabili per l’analisi.

kit-uBiome

Passate due settimane quindi faccio il test e spedisco il tutto. Vedo però che i risultati tardano ad arrivare e dopo un lungo ping-pong di e-mail scopro che il campione ha troppi pochi batteri e non può essere analizzato correttamente. Per cui, tutto da rifare.

Ora, avrò sbagliato qualcosa nella raccolta? Non lo sapremo mai.

Fatto sta che uBiome mi invia un nuovo kit gratuitamente per effettuare nuovamente il test. In questo il test comprende l’analisi di 5 zone del corpo. Ma se ne può fare semplicemente anche una sola.

uBiome.com

Ormai sono passati alcuni mesi di paleo diete con protocollo autoimmune, crauti, kefir, kombucha e probiotici di vario genere, ma tant’è.

E questi sono i risultati..

[sociallocker id=”5129″]

Il test si può effettuare in 5 zone del corpo: naso, area genitale, bocca, pelle e intestino. Ovviamente non è necessario farli tutti e 5, ma potete scegliere quale effettuare.

Qui di seguito, riporto i risultati dell’intestino, visto che sono i più significativi rispetto a ciò che è successo nei mesi precedenti.

I risultati seguono la classificazione (tassonomia: scienza che studia la classificazione  microrganismi) Linneiana (di l von Linné). Per cui, a grandissime linee, i batteri vengono organizzati in gruppi e sottogruppi a seconda dei caratteri morfologici, biochimici e genetici simili

Partendo dai gruppi che, secondo un sistema gerarchico, definiscono in sequenza, per ogni microrganismo:

• Phylum

• Classe

• Ordine

• Famiglia

• Genere

• Specie

Per capire ancora meglio ciò di cui sto parlando, faccio un esempio pratico.

Quando si classifica un essere vivente, lo si inserisce in categorie via via più specifiche:

  1. Per prima cosa lo si colloca in un regno: ad esempio il regno dei Bacteria (in tassonomia, tutti i nomi si scrivono in latino);
  2. successivamente si individua una divisione o phylum: per esempio, Proteobacteria;
  3. poi viene la classe: es. γ-proteobacteria;
  4. l’ordine: es. Enterobacteriales;
  5. la famiglia; es. Enterobacteriaceae;
  6. il genere; es. Escherichia;
  7. la specie; es. coli.

I Firmicuti appartengono al gruppo dei Phylum.

I Bacilli, che discendono dai Firmicuti, appartengono al gruppo Classe

I Bacillales, che discendono dai Bacilli, appartengono al gruppo Ordine

I Bacillaceae, che discendono dai Bacillales, appartengono al gruppo Famiglia

E i Bacillus, che discendono dai Bacillaceae, appartengono al gruppo Genere.

Per cui, ogni gruppo ha un sottogruppo in cui i vari batteri vengono classificati. E’ una sorta di archivio. Sembra complicato, ma di fatto non lo è. E si tratta di un’informazione necessaria per capire i risultati del test.

Ma ora vediamo i risultati del mio test.

Il-mio-microbioma

Nel dettaglio:

  • FIRMICUTI – 64.86%
  • BATTEROIDI – 23.37%
  • PROTEOBATTERI – 9.04%
  • VERRUCOMICROBIA – 0.09%
  • ACTINOBACTERIA – 1.57%
  • TENERICUTI – 0.27%

FIRMICUTI

Noti come batteri che amano i grassi, per il fatto che i batteri appartenenti alla famiglia dei firmicuti sono ricchi di enzimi in grado di digerire carboidrati complessi, e quindi più efficienti nell’estrarre energia (calorie) dal cibo. E sebbene siano stati anche recentemente “incolpati” di essere responsabili nell’aumento dell’assorbimento del grasso, questo tipo di batteri ha permesso ai primi Europei di sopravvivere il gelo invernali con solo una pelle di Mammut in spalla.

I ricercatori hanno scoperto che le persone obese hanno livelli elevati di firmicuti nella loro flora intestinale, se comparati a persone magre, le quali presentano una flora batterica con predominanza di batteroidi.

Infatti, la proporzione relativa di questi 2 gruppi, firmicuti e batteoroidi, è critica nel determinare la salute ed il rischio di contrarre una malattia. E c’è di più, abbiamo appena saputo che livelli più alti di firmicuti accendono alcuni geni che aumentano il rischio di obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

Per cui, pensa che una modifica nel rapporto tra questi batteri potrebbe cambiare l’attuale espressione del tuo DNA.

Ma non è tutto da buttare, infatti Kenya Honda e il suo gruppo di ricerca presso il RIKEN Center in Giappone hanno scoperto che i membri dei firmicuti sono in grado di reclutare cellule T-regolatorie nell’intestino di topi in laboratorio. Questa abbondanza di cellule T-regolatorie diminuisce la risposta infiammatoria e riduce nei topi la possibilità di sviluppare colite, malattie autoimmuni ed allergie.

BATTEROIDI

I batteroidi si pensa ci aiutino a proteggerci dall’obesità perché non digeriscono bene i grassi. I primi Europei avevano bisogno di digerire bene i grassi, in modo da accumulare sufficiente energia per sopravvivere agli inverni brutali dell’era glaciale. Per cui le persone con minor quantità di Batteroidi ed un maggior numero di Firmicuti divennero la razza dominante.

PROPORZIONE TRA FIRMICUTI A BATTEROIDI

Il rapporto tra i tipi di batteri nell’intestino è importante. Molteplici studi mostrano come quando il numero dei firmicuti è ridotto, minore è il rischio di problemi metabolici come il diabete. Dall’altra parte, quando il numero dei batteroidi è basso, c’è un’aumentata permeabilità intestinale, che aumenta ogni tipo di rischio, non ultimo un sistema immunitario caotico, infiammazione e malattie cerebrali, dalla depressione all’Alzheimer.

CELIACHIA E BATTEROIDI

I bambini a rischio della malattia celiaca sono stati descritti bene in letteratura come soggetti con pochi batteroidi, il tipo di batteri associate ad una salute migliore.

ANTIBIOTICI, FIBRA, BATTEROIDI E FIRMICUTI

I batteroidi sono solitamente considerati piuttosto resistenti agi antibiotici. Mentre i firmicuti, si ritiene aumentino durante la somministrazione antibiotica, e proliferino in soggetti che consumano molta fibra.

PROTEOBATTERI

Sono un tipo di batteri numeroso in persone con infiammazione intestinale e disbiosi, e quantità minime di faecalibacterium, un tipo di batterio che aiuta a ridurre l’infiammazione.

Insieme ai Firmicuti, i Proteobatteri sono i più comuni nell’intestino degli occidentali. Sebbene tutti noi abbiamo Proteobatteri, le persone con malattie intestinali infiammatorie sembrano avere un maggior numero di Proteobatteri ed una minore varietà di tutte le altre specie batteriche.

BATTERI PIÙ SIGNIFICATIVI NEL MIO TEST A LIVELLO “PHYLUM”

Verrucomicrobia

Batterio di recente scoperta. Si trova principalmente in grandi quantità negli scoiattoli in ibernazione e nelle persone che hanno assunto antibiotici.

Actinobacteria

Actinobacteria, sono fondamentali per un microbioma sano, e vengono addirittura aggiunti ai probiotic che si trovano in commercio. Sono molto comuni sulla pelle, in bocca e nell’area genitale.

Persone con psoriasi tendono ad avere un numero minore di questi batteri mentre le persone che soffrono di colite ulcerosa, tendono ad averne di più.

BATTERI PIÙ SIGNIFICATIVI NEL MIO TEST A LIVELLO “CLASS”

Negativicutes

I negativicuti sono prevalenti nella nostra bocca, dove una maggiore diversità di alcune classi di batteri è un’indicazione dell’essere senza carie.

Bacteroidia

I Bacteroidia nel nostro microbioma orale possono proteggerci contro infezioni fungine di bocca e gola e la loro presenza nell’intestino è associata ad un rischio ridotto di diabete. Conosci qualcuno che ottiene un fisico atletico dopo pochi allenamenti? Una solida presenza di Bacteroidia nel suo microbioma potrebbe essere parte del suo successo.

BATTERI PIÙ SIGNIFICATIVI NEL MIO TEST A LIVELLO “ORDER”

Coriobacteriales

Coriobacteriales sono abbondanti in intestini “normali” ma largamente assenti nell’intestino di persone che soffrono di sindrome del colon irritabile.

BATTERI PIÙ SIGNIFICATIVI NEL MIO TEST A LIVELLO “FAMILY”

Lachnospiraceae

Sebbene questo tipo di batterio sia molto comune nel cavo orale e nella gola, è presente anche nel tratto digestivo e ci aiuta a digerire la fibra. Questi batteri vengono facilmente uccisi dagli antibiotici, per cui un segno evidente di una recente esposizione agli antibiotici è la mancanza di questo batterio nell’intestino.

BATTERI PIÙ SIGNIFICATIVI NEL MIO TEST A LIVELLO “GENUS”

Oscillospira

L’Oscillospira ci aiuta a digerire l’amido resistente e fermentarlo nel colon. Questi batteri benefici sono associati al consumo di carboidrati complessi e sono prevalenti nel’intestino di bambini del Bangladesh, che consumano una dieta con pochi grassi e carboidrati non raffinati.

Blautia

Blautia ci aiuta a digerire i carboidrati complessi. Abbondanza di questi batteri è un forte indicatore di un intestino sano. I livelli di Blautia sono maggiori rispetto a pazienti che hanno malattie epatiche, tumore collateral e bambini diabetici.

Una cosa interessante di questo test è la possibilità di paragonare i propri risultati con quelli delle altre persone che hanno effettuato il test e compararli secondo dieta e stile di vita.

microbioma intestinali a confronto

La cosa che ho trovato più interessante è stata di avere praticamente la stessa quantità di Firmicuti del gruppo di Vegani. Se è vero che un eccesso di questi batteri potrebbe essere un elemento di rischio, è anche vero che l’aumento di Firmicuti può essere dovuto alla somministrazione di antibiotici e soprattutto al fatto che i Firmicuti sono in grado di proliferare con l’assunzione di fibra.

E l’unico punto in comune il gruppo vegano credo possa essere l’abbondante consumo di verdure. Per il sottoscritto, circa 1 kg. di verdure al giorno.

Dico questo dopo aver fatto qualche ricerca e trovato alcune interessanti testimonianze, come questa.

Dove l’autore riporta alcune ipotesi in controtendenza in merito al “corretto” rapporto tra Firmicuti e Batteroidi:

  • esistono vari studi che mostrano una correlazione (correlation is not causation) tra alti livelli di batteroidi e malattie come diabete 1, IBD e Obesità.
  • i Firmicuti sono quasi esclusivamente gram-positivi. Per cui non producono endotossine (malattie infiammatorie)
  • i Batteroidi sono tutti gram-negativi (produttori di endotossine)

Ovviamente siamo nel campo delle speculazioni e delle ipotesi. Niente di più.

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Gli effetti degli antibiotici provocano danni (ir)reversibili?

David Relman e Les Dethlefsen, due ricercatori presso la Stanford University erano curiosi di capire cosa sarebbe successo al microbiota dopo cicli multipli del potente antibiotico ciprofloxacina.

Questo antibiotico ad ampio spettro viene utilizzato per trattare una varietà di infezioni batteriche. Il suo meccanismo di azione è quello di inibire l’abilità dei microbi di replicare il suo DNA.

I ricercatori volevano determinare quanto dannoso un ciclo di 5 giorni di Cipro sarebbe stato per il microbiota e se quest’ultimo sarebbe mai guarito completamente.

L’abbondanza microbica e la diversità nell’intestino dei soggetti testati crollò non appena somministrati gli antibiotici. C’erano da 10 a 100 volte meno batteri dopo il trattamento con ciprofloxacina, e le comunità sopravvissute erano molte meno diverse di prima.

Il microbiota si era anche significativamente riorganizzato, con specie batteriche che collettivamente componevano dal 25 al 50% di tutti gli organismi quasi eliminati.

Questi risultati non dovrebbero essere sorprendenti sebbene la proporzione del danno fosse anche maggiore di ciò che molti avevano temuto potesse essere.

Cipro, come tutti gli antibiotici ad ampio spettro, non è stato creato con l’idea di risparmiare i batteri. Nonostante quanto importanti siano i microbi per la nostra salute, si fa ampio uso di antibiotici ad ampio spettro, spesso in modo rilassato, con la convinzione che il microbiota possa ricrescere.

Ma l’idea che i batteri benefici possano ripopolare l’intestino dopo gli antibiotici è corretta?

Non esattamente.

Alcune settimane dopo il trattamento a base di Cipro, il microbiota di uno dei soggetti recuperò alla stato pre-antibiotico.

Gli altri due non tanto.

Un individuo ebbe una guarigione quasi completa ma nascondeva ancora i danni indotti dagli antibiotici.

Il microbiota del terzo soggetto si stava sforzando di recuperare la sua composizione pre-antibiotica anche 2 mesi dopo che il trattamento a base di Cipro si era concluso.

Molti microbioti devono sottoporsi a trattamenti antibiotici multipli, spesso in un solo anno, per cui Reman and Dethlefsen testarono cosa succedesse a questi stessi individui dopo un secondo ciclo di Cipro.

Dal punto di vista del microbiota, il danno fu ancor più severo.

A seguito del secondo ciclo di antibiotici, l’abbondanza batterica diminuì ulteriormente, la comunità di batteri mutò ulteriormente nella sua composizione, e la diversità subì un colpo pesante, esattamente come dopo il primo trattamento.

Ma questa volta, nessuno dei soggetti ne uscì senza conseguenze.

Tutti e tre i soggetti subirono danni visibili e duraturi al proprio microbiota, anche 2 mesi dopo che gli antibiotici furono interrotti. Nessuno dei partecipanti alla studio riportò sintomi gastrointestinali, nonostante la gigantesca riorganizzazione che stava succedendo nel loro intestino.

CONCLUSIONI

Siamo ancora agli inizi eppure le prospettive sono molto interessanti. Forse dovremmo rivedere certi giudizi del passato e l’assioma per cui essere sovrappeso è solo e sempre la conseguenza di indisciplina alimentare e di uno stile di vita pigro.

Oppure considerare gli intristiti, i malinconici, gli insoddisfatti cronici e i depressi dei possessori di menti pigre o soggetti alla mercé della sfortuna.

Ovviamente non voglio giustificare niente e nessuno né fornire un alibi e chi ama sfondarsi a tavola e lamentarsi a prescindere. Di questi soggetti è già pieno il mondo. E per questo gruppo di persone, la volontà è la medicina migliore.

Ma per tutti gli altri? Quali rimedi la scienza saprà proporre nei prossimi anni?

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L'articolo Microbioma intestinale: la mia flora batterica dopo 6 antibiotici sembra essere il primo su Codice Paleo.

Involtini di tacchino e scarola con patate dolci e insalata di pan di zucchero

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Involtini di tacchino con ripieno di scarola, olive, pomodorini secchi e capperi
  • Patate dolci al forno
  • Insalata di Pan di Zucchero con carote, cavolo cappuccio rosso e granella di mandorle

Ingredienti:

Dosi per: 2 persone
Preparazione: 40 min

Per gli involtini di tacchino:

  • 300 gr di fesa di tacchino
  • 1 scalogno
  • 1⁄3 di bicchiere di vino bianco
  • 500 gr di scarola
  • 1 cipolla rossa
  • 3 C di olio extra vergine d’oliva
  • 1 C di capperi (dissalati)
  • 10 olive nere (snocciolate)
  • 4 pomodorini secchi (ammollati e tagliati a striscioline)

Per le patate dolci:

  • 1 patata dolce (grande)
  • 1 C di olio extra vergine d’oliva 1 spicchio d’aglio
  • sale marino
  • pepe nero macinato fresco
  • 1 C di prezzemolo fresco tritato

Per l’insalata di pan di zucchero:

  • 1 cespo di pan di zucchero (medio)
  • 1 carota
  • 1⁄4 di radicchio rosso (medio)
  • 2 C di granella di mandorle
  • 3 C di olio extra vergine d’oliva
  • 1 C di aceto di mele

Involtini di tacchino, scarola, pomodori, olive

Preparazione

 

Per le patate dolci:

1. Preriscalda il forno a 220°C

2. Lava le patate in acqua corrente, asciugale per bene e pratica dei tagli della distanza di circa mezzo centimetro. (Fai attenzione a non tagliare fino in fondo ma solo poco oltre la metà)

3. Disponi le patate in una teglia ricoperta di carta forno e massaggiale con l’olio extra vergine di oliva.

4. Trita finemente lo spicchio d’aglio e fai in modo di inserirlo tra i tagli. Spolvera con un pizzico di sale e il pepe nero macinato fresco.

5. Cuoci per circa 30 minuti o fino a completa doratura.

6. Spolvera con del prezzemolo fresco tritato.

Mentre le patate sono nel forno avrai il tempo per preparare gli involtini di tacchino e l’insalata.

Per gli involtini di tacchino:

1. In una padella antiaderente fai rosolare la cipolla con l’olio extra vergine di oliva e un C d’acqua (per evitare che l’olio salga troppo di temperatura).

2. Aggiungi i pomodorini secchi.

3. Aggiungi la scarola e copri con un coperchio facendo cuocere qualche minuto.

4. Una volta appassita aggiunti i capperi, le olive nere e fai saltare per alcuni secondi.

Inoltini paleo

1. In un tagliere batti la carne di tacchino in modo da renderla sottile (Cuocerà più in fretta) e stendi le fettine ben aperte.

2. Aggiungi due forchette di scarola e chiudi la carne ad involtino aiutandoti con uno stuzzicadenti.

3. In una padella antiaderente fai saltare lo scalogno con un filo d’olio di extra vergine di oliva e un C d’acqua. Aggiungi gli involtini, sfuma con il vino bianco e copri con un coperchio per circa 20 minuti.

4. Servi sopra un letto di scarola.

Per l’insalata:

1. Taglia a listarelle il pan di zucchero (precedentemente lavato). Fai la stessa cosa con il radicchio e metti il tutto in un’insalatiera.

2. Pela la carota e tagliala per il senso della lunghezza con l’aiuto di un pelapatate.

3. Condisci con l’olio extra vergine di oliva, l’aceto di mele e una spolverata di granella
di mandorle.

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Frittata al forno con Broccoli, Cipollotti con Insalata di finocchi, arance e acciughe

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Frittata al forno con Broccoli
  • Cipollotti al Forno
  • Insalata di finocchi, arance e acciughe

Ingredienti:

Dosi per: 2 persone
Preparazione: 40 min

Per la frittata di broccoli:

  • 1 testa grossa di broccolo
  • 6 uova
  • 100 ml. di latte di mandorle olio extravergine d’oliva sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per i cipollotti al forno:

  • 10 cipollotti
  • 1 C di olio extra vergine di oliva sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per l’insalata di finocchi arance e acciughe:

  • 1 finocchio medio
  • 1 arancia media
  • 10 olive
  • 8 acciughe sott’olio
  • 4 C olio extra vergine di oliva

Frittata al forno con broccoli

Preparazione:

In questa preparazione la frittata e i cipollotti andranno cotti in forno in contemporanea. Prepara quindi le prime due ricette e infornale insieme.

Per la frittata:

1. Preriscalda il forno a 180°.

2. Pulisci il broccolo tagliando le cimette e il gambo in pezzi non troppo piccoli.

3. In una padella antiaderente fai rosolare l’aglio con l’olio extravergine d’oliva e un
cucchiaio d’acqua (per evitare che l’olio salga troppo di temperatura).

4. Aggiungi i broccoli e falli saltare 5 minuti. Aggiusta di sale e pepe.

5. In una terrina capiente sbatti le uova con l’aiuto di una forchetta, aggiungi il latte di
mandorle, un pizzico di sale e del pepe macinato fresco.

6. Aggiungi i broccoli e versa il composto in una teglia in pirex (oppure in una teglia con
carta forno) e cuoci in forno per 25-30 minuti o fino a quando risulterà dorata in superficie.

Per i cipollotti al forno:

1. Lava i cipollotti in acqua corrente ed asciugali per bene lasciandoli interi.

2. Disponi i cipollotti in una teglia ricoperta di carta forno e condiscili con l’olio extra vergine di oliva. Aggiungi un pizzico di sale.

3. Cuoci per circa 20 minuti o fino a completa doratura.

4. Completa con una spolverata di pepe nero macinato fresco.

Mentre la frittata e i cipollotti saranno nel forno avrai il tempo per preparare l’insalata di finocchi, arance e acciughe.

frittata di broccoli e cipollotti

Per l’insalata:

1. Taglia le estremità del finocchio, lavalo, e con l’aiuto di una mandolina affettalo sottilmente (Usa un coltello se preferisci)

2. Pela l’arancia a vivo e tagliala a fette sottili.

3. Metti i finocchi e l’arancia in un’insalatiera. Aggiungi le olive nere, l’olio extra vergine
di oliva e mescola il tutto.

4. Servi con la barba dei finocchi e le acciughe precedentemente sgocciolate dall’olio in
eccesso.

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Straccetti di pollo con Funghi e Capperi, Zucca al forno, Radicchio con uvetta e pinoli

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Straccetti di pollo saltati in padella con Funghi e Capperi
  • Zucca al forno
  • Radicchio con uvetta e pinoli

Ingredienti:

Dosi per: 2 persone
Preparazione: 40 min

Per gli straccetti di pollo:

  • 250 gr di filetti di pollo
  • 150 gr di funghi Champignon 1 spicchio d’aglio
  • 1 C di capperi (dissalati)
  • 2 C di olio E.V.O.
  • 1⁄4 di bicchiere di vino bianco sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per la zucca al forno:

  • 1⁄4 di zucca Hokkaido (lavata e privata dei semi)
  • 2 C di olio extra vergine d’oliva
  • un pizzico di sale marino
  • 2 rametti di rosmarino

Per il radicchio:

  • 1 radicchio rosso (medio) 1 cipolla rossa (piccola)
  • 1 C di uvetta (ammollata)
  • 2 C di pinoli
  • 2 C di olio extra vergine d’oliva sale marino

Straccetti di pollo con funghi e capperi

Preparazione:

Per la zucca:

1. Preriscalda il forno a 200°C

2. Taglia la zucca a fette non troppo spesse mantenendo la buccia.

3. Disponile su una teglia ricoperta di carta forno. Spennella la zucca con l’olio extra
vergine d’oliva, una spolverata di pepe macinato fresco, un pizzico di sale e i rametti
di rosmarino.

4. Inforna per 20 min.

Mentre la zucca è nel forno avrai il tempo per preparare gli straccetti di pollo.

Per gli straccetti di pollo:

1. Taglia i filetti di pollo a straccetti di circa 1 cm di spessore e tienili da parte.

2. Pulisci i funghi con un panno umido e tagliali a fette (non troppo sottili).

3. In una padella antiaderente fai saltare l’aglio con l’olio extra vergine d’oliva, aggiungi
i funghi, un pizzico di sale e copri con un coperchio. Cuoci per 5 minuti.

4. Quando i funghi saranno appassiti e l’acqua evaporata aggiungi gli straccetti di pollo,
fai saltare a fiamma viva qualche secondo e sfuma con il vino bianco.

5. Quando il vino sarà evaporato copri con il coperchio e cuoci per circa 10 minuti, o
fino a completa cottura.

6. Aggiungi i capperi, una spolverata di pepe macinato fresco e aggiusta di sale.

straccetti e zucca

Per il radicchio:

1. In una padellina tosta i pinoli con un pizzico di sale e tienili da parte.

2. Taglia il radicchio a listarelle privandolo della parte centrale (quella più dura).

3. In una padella antiaderente fai appassire la cipolla rossa con l’olio extra vergine
d’oliva e un C di acqua (Per evitare che l’olio si alzi troppo di temperatura).

4. Aggiungi il radicchio e cuoci con il coperchio per 5 minuti.

5. Una volta appassito aggiungi l’uvetta (precedentemente scolata) e aggiusta di sale se
necessario.

6. Guarnisci con i pinoli tostati.

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Alici marinate agli agrumi, Pan Carré di Cavolfiore con Avocado ed Insalata di Verza

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Alici marinate agli agrumi
  • Pan Carrè di Cavolfiore con avocado, semi di sesamo e aceto balsamico
  • Insalata di Verza marinata al limone con uvetta e mandorle

Ingredienti:

Dosi per: 2 persone
Preparazione: da 30 min

Allora questa preparazione non è proprio velocissima. Vi abbiamo fregato ;)

Le alici marinate sono molto semplici da preparare. Richiedono però molta cura e tempi lunghi di preparazione, soprattutto se non le acquistate già abbattute.

Volevamo comunque proporvela in quanto è una preparazione a cui teniamo molto e a cui riesce a esaltare il gusto delle alici mantenendone intatti i valori nutrizionali.

Non venendo però cotte bisogna fare in modo di eliminare qualsiasi rischio relativo alla presenza di microrganismi patogeni. E l’abbattitura allunga purtroppo la preparazione.

Prendete questa ricetta come un regalo. Se desiderate una preparazione molto più veloce potete semplicemente fare delle buonissime alici al forno pronte in 15 min.

Alici marinate agli agrumi

Per le alici marinate:

  • 500 gr di alici fresche (abbattute)
  • 200 ml di aceto di mele bio
  • 400 ml di vino bianco fermo
  • il succo di 1 limone (per la marinatura)
  • il succo di 1 limone (per il condimento)
  • 20 gr di prezzemolo
  • olio extravergine d’oliva
  • la scorza di un arancio
  • 100 gr di sale marino (fino)
  • pepe macinato fresco

Per le alici al forno:

  • 500 gr di acciughe
  • 100 gr di mandorle pelate
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 ciuffo di prezzemolo fresco
  • 5 C olio extra vergine d’oliva
  • sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per il pan Carré di cavolfiore:

  • 1 testa di cavolfiore piccola (500 – 550 gr)
  • 2 uova intere
  • 3 C di farina di mandorle
  • 1⁄2 c di sale marino
  • 1 c di origano secco
  • pepe nero macinato fresco
  • 1⁄2 avocado
  • 1 C di semi di sesamo

Per l’insalata di Verza:

  • 300/350 gr. di verza
  • il succo di 1 limone
  • 3 C di olio extravergine d’oliva
  • 2 C di uvetta sultanina
  • 50 gr. di mandorle pelate

Preparazione:

Alice marinate

Per le alici marinate:

Abbattitura:

1. Indossa dei guanti in lattice monouso. Stacca la testa delle alici, scorri il pollice lungo il ventre per aprirle a libro e per poterle deliscare. Tira via la lisca centrale. Pulisci dalle interiora aiutandoti con della carta da cucina. (Ricorda: Non vanno mai lavate sotto l’acqua per questa preparazione). Fai molta attenzione a non dividere in due metà il pesce .

2. Prendi della carta da forno, disponi le alici affiancate (senza sovrapporle), copri lo strato di alici con un altro foglio di carta forno e ripeti il procedimento fino ad esaurimento delle alici. Avvolgi il tutto con una pellicola trasparente cercando di chiudere bene il tutto.

3. Metti le alici in congelatore per almeno 48 ore.

Marinatura:

1. Trascorse le 96 ore, togli le alici dal congelatore, mettile in un colapasta e cospargi ogni strato con il sale fino. Lasciale stare per circa 2 ore.

2. In una piccola ciotola con un po’ di aceto di mele passa le alici, una alla volta, nell’aceto per eliminare il sale in eccesso.

3. Prepara la marinatura mettendo in un contenitore capiente (una terrina larga è ideale) l’aceto di mele, il vino bianco e il succo di un limone, e sistema all’interno i filetti di alici ben puliti l’una accanto all’altra.

4. Copri con della pellicola trasparente e lascia riposare per almeno 3 ore a temperatura ambiente (tenderanno a schiarirsi leggermente)

5. Trascorso il tempo, asciuga le alici con della carta assorbente e disponile in un piatto da portata.

6. Condisci con l’olio extra vergine d’oliva, il prezzemolo fresco tritato, il succo di un limone, del pepe nero macinato al momento e la scorza d’arancio grattugiata.

Per le alici al forno:

1. Preriscalda il forno a 180°.

2. In un mixer unisci le mandorle, il prezzemolo fresco, l’aglio privato della buccia, un
pizzico di sale e una spolverata di pepe. Frulla qualche secondo.

3. Metti il mix in una ciotola, aggiungi 3 C di olio extra bergino d’oliva e mescola per amalgamare il tutto.

4. Pulisci le alici togliendo la lisca centrale, apri a libro e lavale per bene. Tampona delicatamente con della carta assorbente.

5. Disponile in una pirofila unta con l’olio rimasto e coprile con il trito di mandorle.

6. Inforna per circa 10/15 min

Per il pan carré di cavolfiore:

1. Preriscalda il forno a 220°c.

2. Taglia le cimette del cavolo e cuocile a vapore per 3-5 minuti (non devono essere troppo cotte).

3. Metti le cimette in un frullatore e frulla per qualche secondo (non troppo altrimenti diventerà una vellutata).

4. Metti il cavolfiore frullato in un canovaccio di cotone e posizionati sopra una ciotola abbastanza larga (per raccogliere il liquido), chiudi il canovaccio e strizza l’acqua in eccesso dal cavolfiore.

5. Lascia il cavolfiore riposare per qualche minuto e strizza un’ultima volta (Dovrà risultare un purè asciutto e leggermente grumoso).

6. All’interno di una bowl mischia tutti gli ingredienti insieme al purè di cavolfiore e mescola con l’aiuto di un cucchiaio fino a formare un morbido impasto. (Non dovrà essere troppo compatto ma neanche troppo liquido, se così fosse aggiungi farina di mandorle).

7. Stendi l’impasto a forma di pizza (o rettangolare) in una teglia ricoperta di carta forno (Cerca di non farlo troppo sottile altrimenti rischierà di creparsi, il nostro è di circa 1 cm).

8. Cuoci dai 20 ai 30 min o fino a che non risulterà dorato in superficie.

9. Servi con delle fette di avocado ed una spolverata di semi di sesamo

Per l’insalata di verza:

1. Metti in ammollo l’uvetta.

2. Affetta finemente la verza che avrai precedentemente lavato ed asciugato.

3. Massaggia la verza con il succo di limone e lascia riposare per almeno 20 minuti. ( per dimezzare i tempi di macerazione scegli le foglie centrali più tenere)

4. Tosta le mandorle con un pizzico di sale marino facendo attenzione a non bruciarle. Tagliale successivamente a lamelle.

5. Completa l’insalata di verza marinata al limone con l’olio extravergine d’oliva, l’uvetta e le mandorle.

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L'articolo Alici marinate agli agrumi, Pan Carré di Cavolfiore con Avocado ed Insalata di Verza sembra essere il primo su Codice Paleo.

Filetti di spatola in crosta di mandorle con carote al forno e Cime di Rapa

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Filetti di spatola in crosta di mandorle
  • Stick di carote al forno
  • Cime di Rapa alla Mediterranea

Ingredienti:

Dosi per: 2 persone
Preparazione: 40 min

Filetti di spatola in crosta di mandorle

Per i filetti di spatola:

  • 400 gr di filetti di spatola
  • 50 gr di farina di mandorle
  • 1 C di capperi dissalati
  • 1 C di origano secco
  • 2 C di olio extra vergine d’oliva
  • una manciata di rucola fresca

Per gli stick di carote:

  • 4/6 carote medio-piccole
  • olio extra vergine d’oliva
  • sale marino
  • pepe macinato fresco

Per le cime di rapa:

  • 500 gr di cime di rapa (lavate e scolate)
  • 4/6 pomodorini secchi (ammollati)
  • 10 olive nere (denocciolate)
  • 1 spicchio d’aglio
  • 3 C olio extra vergine d’oliva
  • sale marino
  • pepe macinato fresco

Preparazione:

Filetti di spatola con carote

Per gli stick di carote:

1. Preriscalda il forno a 200°c

2. Pela le carote e tagliale a metà (anche in 4 se sono molto grandi).

3. In una teglia ricoperta di carta forno (o in una terrina) massaggia le carote con l’olio
extra vergine d’oliva e aggiungi un pizzico di sale e una spolverata di pepe.

4. Inforna per circa 30 min.

Con il forno già caldo avrai tempo di preparare i filetti di spatola ed infornarli insieme alle carote.

Per i filetti di spatola:

1. Lava i filetti di spatola ed asciugali per bene su carta da cucina.

2. Trita i capperi grossolanamente.

3. In una scodella capiente mischia la farina di mandorle, i capperi e l’origano secco.

4. Spennella i filetti con l’olio extra vergine d’oliva e passali nella panatura da entrambi i lati cercando di farla aderire bene su tutta la superficie.

5. Disponili su una leccarda ricoperta di carta forno e cuocile fino a doratura (Cuoceranno molto velocemente, circa 15 min).

Nel frattempo puoi preparare le cime di rapa.

Per le cime di rapa:

1. In una padella antiaderente fai saltare l’aglio con l’olio d’oliva e 1 C d’acqua.

2. Aggiungi le cime di rapa, un pizzico di sale e copri con un coperchio cuocendo per un paio di minuti.

3. Aggiungi i pomodori tagliati a striscioline, le olive nere tagliate a metà e cuoci fino a che le cime di rapa saranno cotte (Noi preferiamo mantenerle croccanti per preservarne i valori nutrizionali).

4. Completa con una spolverata di pepe macinato fresco e aggiusta di sale se necessario.

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Polpette di Manzo al Pesto con Biete ed Insalata di Cavolo Rapa e Kiwi

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Questa ricetta è stata preparata da Rosa & Andrea

  • Polpette di Manzo al pesto
  • Biete saltate in padella con aceto balsamico
  • Insalata di Cavolo Rapa e Kiwi

Ingredienti:

Polpette di manzo al pesto

Dosi per: 2 persone
Preparazione: 40 min

Per le polpette:

  • 300 gr di macinato di manzo
  • 1⁄2 cipolla bianca (tritata finemente)
  • 2 spicchi d’aglio
  • 40 gr di farina di mandorle
  • 1 uovo (piccolo)
  • 30 gr di pesto
  • 1⁄2 c di peperoncino in fiocchi
  • 3 C di olio extra vergine d’oliva
  • sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per le biete:

  • 500 gr di biete
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1⁄2 peperoncino secco (oppure 1 fresco)
  • 2 C di olio extra vergine d’oliva
  • 2 C di aceto balsamico
  • sale marino
  • pepe nero macinato fresco

Per l’insalata di cavolo rapa:

  • 2 cavolo rapa di media grandezza
  • 1 kiwi non troppo maturo
  • il succo di 1 limone
  • una manciata di semi di zucca
  • olio extra vergine di oliva
  • un pizzico di sale
  • pepe nero macinato fresco

Preparazione:

Polpette di Manzo con Biete

Per le polpette:

1. In una padellina antiaderente fai saltare la cipolla e uno spicchio d’aglio (pelato e schiacciato) con 1 C di olio extra vergine d’oliva ed un C d’acqua (Per evitare che l’olio salga troppo in temperatura).

2. Una volta imbiondita la cipolla aggiungi il peperoncino in fiocchi, fai saltare 30 secondi e spegni la fiamma.

3. Sbatti l’uovo in una ciotola con una forchetta, unisci la farina di mandorle, un pizzico di sale e una spolverata di pepe nero macinato fresco.

4. In una ciotola capiente stendi e apri con le mani il macinato di manzo, unisci la cipolla e l’aglio e mescola per bene.

5. Ripeti la stessa operazione unendo l’uovo sbattuto e la farina di mandorle.

6. Quando l’impasto sarà divenuto omogeneo forma delle piccole polpette. (Se dovessero essere troppo umide aggiungi un pò di farina di mandorle).

7. In una padella antiaderente fai saltare lo spicchio d’aglio con 2 C di olio extra vergine e aggiungi le polpette. Falle rosolare qualche minuto ed aggiungi il pesto. Continua fino a che non saranno ben cotte (Se necessario e se ti sembrerà troppo asciutto puoi aggiungere del brodo di pollo e terminare la cottura).

Per le biete:

1. Lava le biete avendo cura di eliminare le foglie rovinate o appassite.

2. Porta a bollore abbondante acqua, inserisci le biete per 5 minuti e falle scolare in un colapasta passandole immediatamente sotto acqua fredda. (Questo servirà per evitare che continuino a cuocere). Riponile nel colapasta e, se necessario, strizzale per bene.

3. In una padella antiaderente fai saltare l’aglio e il peperoncino con l’olio extra vergine e un C d’acqua.

4. Aggiungi le biete, un pizzico di sale, il pepe e cuoci a fiamma alta per far asciugare il liquido in eccesso.

5. Servi con l’aceto balsamico.

Per l’insalata di Cavolo Rapa:

1. In una padella antiaderente, tosta i semi di zucca con un pizzico di sale per qualche minuto e lasciali raffreddare.

2. Pela il cavolo rapa e taglialo a julienne.

3. In un’insalatiera metti il cavolo rapa, il succo di limone e mescola con le mani.

4. Taglia il kiwi in quattro e poi a fettine sottili. Aggiungilo al cavolo rapa.

5. Completa con l’olio extra vergine di oliva, i semi di zucca tostati e una spolverata di
pepe nero macinato fresco.

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6 ricette semplici e gustose per la Paleo-dieta preparate da Rosa & Andrea

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Oggi non sarò io (Gabriele) a scrivere come al solito, ma due “ospiti” (molto graditi). Ovvero Rosa e Andrea, due lettori che mi hanno contattato qualche tempo fa, chiedendomi ospitalità tra le pagine di questo disgraziato blog.

Come avrete potuto notare, è una cosa che non faccio, ma in questo caso, mi sono sentito subito in sintonia. Ho trovato la loro richiesta sincera, genuina e senza fanatismi né argomenti ideologici per o contro qualcuno o qualcosa. Così abbiamo deciso di iniziare a collaborare.

Rosa e Andrea sono tante cose, tra cui, anche due chef (molto bravi, ma questo lo scoprirete tra poco) che hanno messo la loro esperienza e creatività a disposizione  del blog, per proporci 6 ricette veloci da preparare e deliziose da consumare per chi, come me, non è un gran maestro tra i fornelli, non ha molto tempo a disposizione,  ma desidera comunque seguire questo stile alimentare senza rinunciare a piatti prelibati.

Per cui, come dice un tipo molto più famoso di me, ENJOY (mi faccio pena da solo) 😉

 

Rosa & Andrea


Non esiste una formula perfetta per tutti – Robb Wolf –
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Questa frase non è nostra ma è un concetto che io e Rosa portiamo avanti con tenacia da anni. Dopo l’aver provato qualsiasi tipo di regime alimentare e da quando abbiamo deciso che i problemi che avevamo non sarebbero dovuti esistere in ragazzi di 22 e 24 anni.

“Trova quello che è giusto per te. Parti dalle basi e sperimenta fino a trovare la perfezione. Il tuo corpo e la tua salute ti ringrazieranno”.

Una cosa ormai è chiara. Il corpo umano è straordinariamente resistente. Curato e nutrito correttamente è capace di atti sbalorditivi di guarigione e rigenerazione e Gabriele ne è un testimonial perfetto, così come lo siamo noi e tante altre persone che seguono questo blog.

Nel nostro percorso abbiamo incontrato personaggi di ogni tipo la cui vita è stata positivamente stravolta da un semplice cambio alimentare. Artriti, diabete, obesità, stanchezza cronica, sindrome metabolica, sclerosi multipla, disturbi digestivi, ansia, acne, depressione, infertilità e altro ancora miracolosamente spariti grazie a piccoli cambiamenti del proprio stile di vita.

Incredibile? Non credo. Ciò che ha dell’incredibile è chi non se n’è ancora accorto.

Vogliamo però chiarire un punto fondamentale per tutti i lettori.

“Io e Rosa non seguiamo la dieta paleo”. O almeno, non completamente.

Hey aspetta un attimo. E cosa ci fate qua?

Cosa ci facciamo su Codice Paleo?

Assetati di informazioni scopriamo il blog di Gabriele e l’incredibile completezza dei suoi post ci lascia a bocca aperta. Codice Paleo è un portale splendido e ricco di informazioni. Non è dogmatico, come spesso succede, ed è sincero. Questo perché Gabriele ha provato su se stesso tutto quello che racconta.

Io e Rosa siamo qua perché in un qualche modo ci sentiamo legati alla sua esperienza.

Come abbiamo scritto nell’introduzione crediamo che l’imparare ad ascoltare i segnali del proprio corpo sia molto più produttivo che rimanere incagliati in una singola teoria.

Veniamo da famiglie diverse a da tradizioni culinarie agli antipodi. Io del nord Italia cresco con burro e prosciutto, Rosa del sud con olio d’oliva e pesce. Negli anni siamo macrobiotici, vegetariani, vegani e crudisti, ripercorriamo poi lo stesso percorso all’inverso. Impariamo ad apprezzare i benefici e capiamo i difetti di ognuno di questi regimi alimentari, risolviamo i nostri problemi di salute e sviluppiamo quella che crediamo sia un’ottima base da cui partire.

Non seguiamo completamente questa dieta perché per noi, in questo momento, non è il momento. Speriamo di non confondervi le idee ma vogliamo essere i più chiari e sinceri possibile.

Il nostro organismo ha reagito molto bene ed armonicamente al nostro attuale regime alimentare. Che non è né paleo, né macrobiotico, né vegetariano e né vegano. E’ semplicemente quello che, in questo momento, ci dà le migliori risposte.


Ogni individuo risponde in modo molto personale agli stimoli che riceve.
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Nonostante ciò e dopo questo preambolo dobbiamo affermare che la dieta Paleo, se bilanciata e costruita bene, ha degli enormi vantaggi. Vantaggi che, se siete lettori di questo blog, immagino già sappiate. Io stesso sto trovando dei benefici incredibili dopo aver diminuito il consumo di carboidrati. E’ il primo inverno credo della mia intera vita che non ho il raffreddore. Può far ridere ma per una persona abituata a consumare una confezione di fazzoletti al giorno è un cambiamento epocale.

L’unico svantaggio, se così vogliamo chiamarlo tale, è l’idea che si è creata di questo stile alimentare.

Quando a mia madre ho parlato delle dieta paleo mi ha preso per matto. Non accorgendosi che lei stessa, quel tipo di dieta, la stava attuando al 70%. A parte i 500 gr di pane al giorno.

E’ ovvio che il concetto di paleo dieta non è ancora ben chiaro, o meglio, tende a passare come la solita teoria farlocca tra le tante. Personalmente abbiamo conosciuto tante persone che, nonostante non la attuino completamente, ne riconoscono i valori ed il web è pieno di blog di nutrizionisti che consigliano caldamente la lettura del libro di Robb Wolf anche se il loro stile alimentare è basato su diete differenti.

Perché l’idea di fondo è sempre la stessa.

Se il tuo corpo reagisce in modo positivo, continua su questa strada e avrai le risposte. E la dieta paleo ne può dare molte.

Io e Rosa siamo qui per ammorbidire il concetto di dieta paleo a chi la denigra perché la associa a carnivori assetati di proteine e per facilitare il compito a coloro che decidono di intraprendere questo regime alimentare così apparentemente “monotono”.

Niente lo è se si sa come affrontarlo e noi siamo diventati cuochi proprio per permettere al nostro corpo di godere appieno del cibo che avevamo davanti agli occhi.

 

Ogni individuo passa almeno 3 anni di vita a cucinare, 4 anni a mangiare e il consumo di cibo è vicino alle 35 tonnellate. Capite bene che se questo momento non ce lo facciamo piacere diventa un bel casino.

Insieme a Gabriele abbiamo quindi pensato di sviluppare una serie di piatti paleo molto completi ed equilibrati.

Piatti che non richiedono tempi di preparazione esagerati, gustosi, semplici da preparare, con ingredienti di stagione e che possono essere preparati in dosi maggiori per gustarseli anche il giorno dopo.

Proteine di qualità, grassi sani, verdure a volontà, variazione degli stili di cottura, esaltazione dei sapori e dei colori.

Questo è quello che abbiamo cercato e questo è quello che vogliamo proporvi.

E visto che volevamo darvi molto più di una singola ricetta, abbiamo optato per 3 ricette per ogni piatto. Nulla comunque vi vieterà di saltare una delle due ricette di verdure e aumentare le dosi dell’altra. Il piatto risulterà comunque molto completo e i tempi di preparazione si accorceranno ulteriormente.

Queste preparazioni potete sfruttarle nei modi più disparati. Trasformate queste ricette e create varianti in base alle verdure di stagione e alle proteine che preferite. Non limitatevi a queste. Create varietà nei piatti, il vostro corpo e la vostra mente vi ringrazieranno.

Piatto N.1 (Ricetta Completa)

  • Involtini di tacchino con ripieno di scarola, olive, pomodorini secchi e capperi
  • Patate dolci al forno
  • Insalata di Pan di Zucchero con carote, cavolo cappuccio rosso e granella di mandorle

Involtini di tacchino, scarola, pomodori, olive

Questo è un piatto molto semplice ma incredibilmente gustoso. Solitamente questa ricetta della scarola mia madre la usa per farcire i panzerotti napoletani. La prepara il giorno prima e la fa scolare dall’acqua in eccesso tutta notte.

A noi i panzerotti però non interessano e una fesa di tacchino è quello che ci vuole per emulare un bel panzerotto. Accompagnati da un’insalata fresca e dalla dolcezza e morbidezza delle patate dolci ringrazierete il fatto di aver scelto questo modo di alimentarsi.

 

Piatto N.2 (Ricetta Completa)

  • Frittata al forno con i Broccoli
  • Insalata di finocchi, arance e acciughe
  • Cipollotti al Forno

Frittata al forno con broccoli

Una frittata è una frittata dai.

E no, è qui che vi sbagliate. Dare nuovo sprint a piatti semplici è sempre un’impresa. Tagliate i broccoli grossolanamente, saltateli qualche minuto e godetevi la loro croccantezza in ogni morso. Date alla frittata una nuova dimensione.

Accompagnatela con dei cipollotti al forno e con un’insalata di finocchi e arance e sarete le persone più felici del mondo.

 

Piatto N.3 (Ricetta Completa)

  • Straccetti di pollo saltati in padella con Funghi e Capperi
  • Zucca al forno
  • Radicchio con uvetta e pinoli

Straccetti di pollo con funghi e capperi

I contrasti di sapori sono sempre quello che cerchiamo di proporre. In questo piatto c’è un pò di tutto. L’amaro del radicchio, il dolce dell’uvetta e della zucca ed il salato dei capperi.

Il tutto estremamente bilanciato per dare equilibrio ad un piatto molto veloce da preparare ma ricco di sapori.

 

Piatto N.4 (Ricetta Completa)

  • Alici marinate agli agrumi
  • Pan Carrè di Cavolfiore con avocado, semi di sesamo e aceto balsamico
  • Insalata di Verza marinata al limone con uvetta e mandorle

Alici marinate agli agrumi

Potremmo parlarvi per giorni delle alici marinate agli agrumi. Rosa ha passato l’estate nel cercar di replicare la ricetta originale di sua madre. Figuriamoci se non potevamo metterle.

Accompagnatele con una bella pizz… Eh no macchè pizza, chiamiamolo pan carrè che altrimenti qualcuno si arrabbia, di cavolfiore e ad un’insalata che questa stagione ha fatto impazzire tutti i nostri ospiti.

 

Piatto N.5 (Ricetta Completa)

  • Filetti di spatola in crosta di mandorle
  • Stick di carote al forno
  • Cime di Rapa alla Mediterranea

Filetti di spatola in crosta di mandorle

Le cime di rapa non potevano mancare, Rosa non me l’avrebbe fatta passare liscia se non le avessi messe. E’ la sua verdura preferita ed è innegabile che abbiano un sapore ed un’aroma inconfondibile.

In questo caso faranno da accompagnamento ad un pesce dal sapore molto delicato, la spatola. Un’impanatura di mandorle e capperi darà croccantezza a questo gustoso pesce azzurro.

E per chi vuole conoscere un modo alternativo per cucinare le carote, gli stick al forno saranno sicuramente una sorpresa molto positiva.

 

Piatto N.6 (Ricetta Completa)

  • Polpette di Manzo al pesto
  • Biete saltate in padella con aceto balsamico
  • Insalata di Cavolo Rapa e Kiwi

Polpette di manzo al pesto

Mi ricordo ancora i giorni in cui tornavo a casa dagli allenamenti di calcio e appena entrato in casa mia madre sfornava con orgoglio una teglia intera di polpette, tutta per me. Ed io, me le mangiavo tutte.

Questa non è la stessa ricetta ma il concetto è sempre quello, le polpette, quando si fanno, si mangiano sempre tutte.

Accompagnatele con un’insalata fresca dai toni aciduli per dare al palato varietà di sapori e a delle biete all’aceto balsamico per completare un piatto perfettamente bilanciato.

 

 

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Malattia da reflusso gastroesofageo: i rimedi della Fisioterapia

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Cari Amici & Amiche, chi non ha mai avuto problemi di acidità, bruciore di stomaco e reflusso gastroesogafeo? Se ci sta leggendo, alzi la mano!

A questo punto, se stai ripensando alle notti insonni che questi sintomi ti hanno procurato, o a quel dolore al petto che ti ha fatto sobbalzare (e pure imprecare) temendo problemi di natura cardiaca, oggi ho una buona notizia per te. Ovvero, un nuovo articolo a cura del Dottor Daniel Di Segni, esperto in Fisioterapia, Terapia Manuale, Rieducazione Posturale e Trattamento post-operatorio.

Buona Lettura.

 

Nella pratica clinica di un fisioterapista molti pensano che possa capitare solo la riabilitazione delle lesioni ortopedico o i dolori muscolari; purtroppo non è molto noto come anche questo campo di riabilitazione comprenda anche il trattamento di alcune problematiche relative ai visceri determinando molto spesso anche un grande miglioramento a livello globale.

Infatti nella pratica clinica di un fisioterapista non deve mancare, a mio avviso, anche l’applicazione della terapia manuale viscerale.

Ma cosa si intende?

Si intende l’applicazione di alcune tecniche specifiche per riequilibrare ed intervenire sui pattern disfunzionali della mobilità dei vari organi e correggerli in funzione di una riarmonizzazione dell’organo, intervenendo sui sistemi di sostegno e sul connettivo che avvolge il singolo distretto viscerale.

Una malattia che spesso mi trovo a trattare in studio è sicuramente la malattia da reflusso gastroesofageo: questo tipo di condizione è molto frequente negli ultimi periodi, proprio perché è anche molto legata a fattori emozionali e psicologici.

Una malattia che spesso mi trovo a trattare in studio è sicuramente la malattia da reflusso gastroesofageo.

Cos’è la malattia da reflusso gastroesofageo?

Questo tipo di condizione è molto frequente negli ultimi periodi, proprio perché è anche molto legata a fattori emozionali e psicologici.

Per cercare di far comprendere bene i lettori, può essere intesa come la risalita di una porzione del contenuto gastrico (generalmente composto da acido) nell’esofago, determinando una sensazione di dolore, bruciore e senso di oppressione toracica.

Quali sono i sintomi più comuni del reflusso gastroesofageo?

  • sensazione di rigurgito acido nell’esofago
  • bruciore localizzato al petto (retrosternale) e allo stomaco con irritazione delle mucose

 I sintomi più atipici collegati al reflusso sono:

  • Asma
  • Sensazione di nodo alla gola
  • Singhiozzo
  • Insonnia
  • Difficoltà digestive
  • Laringite, raucedine, tosse
  • Otite media

Come abbiamo detto questa condizione è alimentata anche da stati d’animo particolari come stress, depressione, ansia e dolore psicologico, mentre è importante conoscere i meccanismi di contenimento del contenuto gastrico e come la fisioterapia può aiutare in questo tipo di disturbo.

É essenziale ricordare come nella parte inferiore dell’esofago  sia presente uno sfintere (cardias) che ha proprio la funzione di evitare la risalita acida dallo stomaco: questo sfintere passa all’interno di un foro nel diaframma (iato esofageo) che si stringe durante l’inspirazione diaframmatica e si apre durante l’espirazione.

 Questo sfintere che ha quindi la funzione di mantenere in sede l’acido e non arrecare irritazione alle cellule dell’esofago, presenta una componente muscolare e un network di connessione connettivale con il diaframma e con tutti gli elementi di stabilizzazione del diaframma.

Possibili cause del reflusso gastroesofageo

La condizione di malattia da reflusso gastro esofageo si verifica quindi quando la pressione a livello dello sfintere esofageo inferiore diminuisce rispetto ai 2 mmHg: questo accade per improvvisi rilasciamenti del Cardias che normalmente mantiene un tono pressorio costante.

Tale calo di pressione induce a pensare che alla base di  questa patologia vi sia un’alterazione del controllo muscolare dello sfintere di origine nervosa oppure ormonale. A volte però avviene che ci sia un ispessimento delle fibre dello sfintere esofageo che determina un aumento della pressione (rispetto al corpo esofageo) con valori normalmente oscillanti tra 12 e 30 mm Hg.

Si credeva infatti che la malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) si associasse sempre ad uno stato di cronica ipotonia dello sfintere, ma è accertato che molti pazienti hanno una pressione del LES normale.

Quali rimedi offre la fisioterapia al reflusso gastroesofageo?

Innanzitutto è fondamentale che il professionista conosca molto bene la fisiologia e l’anatomia dell’organo in esame e capire in che stato è il paziente attraverso anche una valutazione di semeiotica completa (per escludere condizioni da red flag).

Nel mio studio per esempio, nei casi in cui mi trovi davanti ad una malattia da reflusso gastro-esofageo, la prima cosa che è necessario trattare è il diaframma.

Questo muscolo è fondamentale per la respirazione ma anche perché distribuisce una grande forza a livello viscerale. Infatti è facile percepire una qualche disfunzione diaframmatica sia a livello palpatorio che a livello funzionale: quando si prova a infilare una mano sotto il costato, se il diaframma è in accorciamento questo sarà difficile a livello tissutale e verrà percepito come doloroso da parte del paziente.

Ricordo come spesso un qualche problema relativo al diaframma possa esser percepito dal paziente anche in altri distretti corporei, come per esempio la cervicale (in quanto il diaframma riceve un’innervazione proveniente dal rachide cervicale).

Il diaframma poi determina, durante i vari atti respiratori, un’influenza sui vari organi a livello addominale: lo stomaco è la struttura che subisce maggiormente le pressioni che provengono dal diaframma e acquisisce un pattern motorio molto particolare.

Infatti prima di correggere un’eventuale disfunzione di movimento o in inspirazione o espirazione, è bene valutare e trattare i vari sostegni che stabilizzano e tengono in sede lo stomaco; queste strutture sono importanti perché giocano un ruolo fondamentale anche nelle condizioni come l’ernia iatale.

I legamenti dello stomaco collegano questo viscere al diaframma, al fegato, alla milza, al colon e proseguendo poi attraverso un continuum connettivale con il mesentere: questa interrelazione fa comprendere come quindi tutti gli organi siano inequivocabilmente collegati tra loro e si influenzino tra loro.

Proprio per questo motivo è importante avere una buona capacità di “ascolto” degli organi e percepire se questi presentano eventuali disfunzioni e, nel caso presenti, correggerle in più tempi respiratori: queste correzioni, soprattutto nei pazienti che hanno problemi allo stomaco, vengono ben tollerate dall’organismo e vengono riprodotti in maniera ben distinte dei borborigmi che simboleggiano proprio una sorta di liberazione delle strutture che adesso potranno muoversi con normalità.

Logicamente, la malattia da reflusso gastro-esofageo è una condizione che va trattata in maniera multidisciplinare in quanto c’è una componente multifattoriale che induce questa situazione; per questo motivo oltre al medico gastroenterologo che avrà un ruolo importante nella somministrazione dei vari farmaci antiacidi e inibitori della pompa protonica, va affiancata anche la figura della nutrizionista per avere un corretto regime alimentare e quella del fisioterapista che può intervenire per favorire un corretto movimento dei visceri e favorire la normalità dell’organismo.

Articolo a cura del Dr. Daniel Di Segni, Dottore in Fisioterapia

 

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